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Foto di Carletto Ferrari dall'archivio Mario Bianchi

Carletto Ferrari (1912-1945) è un eroe della resistenza partigiana varesina.


Carletto Ferrari nacque il 16 marzo 1912 da una famiglia borghese di Bizzozero, all'epoca proprietaria dell'area oggi denominata "La Villa" (1).

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Foto d'archivio: Carletto Ferrari con la divisa da alpino

Tenente degli alpini ha partecipato da protagonista alla resistenza varesina, costituendo e dirigendo uno dei gruppi della celebre 121^ Brigata Garibaldi "Walter Marcobi", attivo in particolare nell'area tra Bizzozero, Gazzada, Schianno, Gurone, Malnate, Vedano Olona e Castiglione Olona.

Il Tribunale Straordinario Provinciale condannò Carletto Ferrari a 9 anni di reclusione "per aver distrutto, con altri, il 26-7-1943 il gruppo rionale "Mussolini" di Varese" (2).

In seguito il gruppo di Carletto Ferrari fu protagonista di uno scontro a fuoco a Bizzozero, con una pattuglia della Guardia Nazionale Repubblicana di Varese. Nello scontro rimase ucciso il vice brigadiere della GNR Giuseppe Silvino (3).

Forse si può collocare dopo questo episodio il racconto di un altro partigiano, Alfredo Macchi (detto Aldo o Dino (4)), che narra di un duro contrasto tra Ferrari e un altro eroe della resistenza locale: Renè Vanetti. Quest'ultimo, nonostante fosse stato ripetutamente avvisato di avere nel suo gruppo attivo a nord di Varese, una spia dei fascisti, non aveva voluto prendere alcun provvedimento, ritenendo priva di fondamento tale informazione. Fu dunque un partigiano del gruppo di Carletto Ferrari ad essere incaricato di eliminare la spia. L'operazione fu portata a termine con grave disappunto di Vanetti verso Ferrari, un disappunto rientrato solo successivamente, quando effettivamente lo stesso Vanetti appurò che il suo uomo era stato un pericoloso infiltrato (5).

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Foto Mario Bianchi: ritratto di Carletto Ferrari realizzato da Luigi Visconti e conservato presso il Circolobizzozero

La pericolosità di Ferrari e dei suoi uomini portò il 18 luglio 1944 ad un'operazione congiunta delle forze paracadutiste, delle brigate nere e di agenti dell'Ufficio Politico Investigativo (UPI), al fine di stanarli e catturarli o eliminarli. L'azione si concretizzò con un attacco nei boschi di Castiglione Olona; il gruppo partigiano dovette ritirarsi rapidamente, ma le forze fasciste riuscirono a ferire ad una coscia il partigiano Domenico Caltagirone (che comunque sfuggì alla cattura) e a fare prigioniero nella zona fra Lozza e Schianno, il garibaldino Augusto Covalero, subito fucilato dai brigatisti guidati dal tenente Ferioli (6).

La determinazione a catturare Ferrari però non diminuì, così -verosimilmente grazie ad una soffiata-, nel mese di agosto del 1944, mentre Ferrari con il partigiano Remo stavano preparando un'azione per liberare dal carcere dei Miogni alcuni partigiani e alcuni antifascisti ivi rinchiusi, l'UPI individuò il rifugio di Ferrari nella zona di Bizzozero. Fu dunque organizzata un'operazione segreta per circondare il rifugio e catturare il pericoloso capo partigiano. Ferrari però, notando alcune persone sospette avvicinarsi al suo nascondiglio, e intuendo la situazione di pericolo, riuscì a rompere l'accerchiamento aprendo il fuoco per primo e lasciando sul terreno un noto maresciallo dell'UPI. Dopo questo nuovo episodio il partigiano bizzozerese fu costretto a lasciare Varese, per rifugiarsi nel comasco (7).

Qui con il soprannome di Giacomino operò a Campione d'Italia e in Val d'Intelvi (8).

Tale circostanza rivela come erronea anche l'attribuzione fatta dai nazifascisti al Ferrari, del ferimento di un sottotenente paracadutista, avvenuto il 17 settembre del 1944, tra Calcinate e la Schiranna; evidentemente le forze dell'ordine locali non avevano notizia della fuga nel comasco di Ferrari (9).

Il 10 gennaio 1945 la Milizia Confinaria del comasco, sorprendeva ed arrestava Carletto Ferrari durante un'azione. Forse riconosciuto da un militare che avrebbe operato nel Varesotto, fu subito trasferito a Varese e sottoposto ad un duro interrogatorio presso la sede locale dell'Ufficio Politico Investigativo, al termine del quale fu consegnato a tre agenti dell'UPI ex marinai della X Mas (Filippo Conti, Cataldo Mignona e Innocente Cappelletti, noti in Italia per aver consegnato in Egeo tre ufficiali inglesi alle forze naziste) per essere condotto al carcere dei Miogni. Ma in via Hermada, a pochi passi dai Miogni, Ferrari venne ucciso a colpi di mitra. Secondo la versione ufficiale, riportata anche dalla stampa dell'epoca, il prigioniero avrebbe tentato la fuga, costringendo i suoi custodi ad aprire il fuoco (10).

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Documento messoci a disposizione dall'Associazione Nazionale Partigiani Italiani di Varese: Il fonogramma con cui Triulzi annunciava la morte di Ferrari e le circostanze in cui sarebbe avvenuta l'esecuzione (cliccare sull'immagine per ingrandirla)

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Foto B.NET: via Hermada oggi; le costruzioni presenti sono tutte recenti, all'epoca dei fatti la strada doveva apparire come una via quasi di campagna

Ma a portare via il corpo, fu chiamato un incaricato della Croce Rossa che segretamente era anche un partigiano, tale Portilio Corbini, che testimonierà come le evidenti tracce di bruciatura intorno ai fori, dimostravano una raffica a bruciapelo e dunque una vera e propria esecuzione (11).

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Foto B.NET: la tomba di Carletto Ferrari

Successivamente, il 26 aprile 1945, ad avvalorora l'iniziale ipotesi dell'esecuzione, il capo partigiano Giuseppe "Claudio" Macchi raccolse le testimonianze di alcuni appartenenti all'UPI varesino, appena arrestati a seguito della Liberazione, che dichiararono che ad uccidere Ferrari erano stati Cappelletti, Mignona e Conti per ordine del capitano Triulzi (12).

Cappelletti, Mignona e Conti furono catturati, processati e fucilati forse alle bettole (13), il 28 aprile 1945 (14).

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Foto B.NET: la cappella della famiglia Ferrari al cimitero di Bizzozero

Il capitano Triulzi invece non fu mai catturato, ma fu riconosciuto colpevole in contumacia in tutti e tre i gradi di processo cui fu sottoposto (15).

 

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Foto B.NET: foto e didascalia sul manifesto dedicato ai caduti bizzozeresi della seconda guerra mondiale

Per tramandare la memoria di Carletto Ferrari, a lui sono dedicate la strada che attraversa il centro storico di Bizzozero, la strada del comune di Gazzada Schianno che collega tale ente con Bizzozero e Varese, due vie nei centri storici di Daverio e Galliate Lombardo, e l'asilo nido di Bizzozero; inoltre, nei pressi del punto in cui fu ucciso, è stata posta una targa commemorativa.

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Foto B.NET: la targa commemorativa in via Morandi, sul muro di cinta dei Miogni recita:

GLORIA ETERNA
A
CARLETTO FERRARI
TENENTE DEGLI ALPINI
EROICAMENTE SACRIFICATOSI PER LA LIBERTÁ
L'INDIPENDENZA ED IL RINNOVAMENTO D'ITALIA
PER LA DIFESA DELLA DIGNITÁ E DELLA LIBERTÁ UMANA
NEL NOME DELLA RESISTENZA CONTRO I NAZIFASCISTI
FONDAMENTO DELLA NUOVA ITALIA
DEI SUOI ORDINAMENTI COSTITUZIONALI
DELLA CONCORDIA NAZIONALE
18-3-19 --- 10-1- 1945

 

 

Testo a cura di Raffaele Coppola

 

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(1) Testimonianza orale di Sergio Benetazzo

(2) Segnalazione di Angelo Chiesa, Presidente Provinciale ANPI Varese, tratta da "Fascismo, guerra, società civile nella Repubblica Sociale Italiana" di Franco Giannantoni, Franco Angeli, 1984.

(3) "L'ombra degli americani sulla Resistenza al confine tra Italia e Svizzera" di Franco Giannantoni, edizioni Essezeta, Varese, 2007, p. 294. La fonte indica come data dell'episodio l'11 giugno 1944, e attribuisce proprio a quest'azione la causa della condanna a 9 anni di carcere per Carletto Ferrari, inoltre riporta come data di tale sentenza il 18 marzo dello stesso anno. L'indicazione confligge con quanto lo stesso autore riporta in un'altra opera ( "Fascismo, guerra, società civile nella Repubblica Sociale Italiana" citata nella nota 2 ), dove si individua la causa della condanna a 9 anni di carcere per Carletto Ferrari in un diverso episodio; vi è anche un'incongruenza fra le date, poichè Ferrari risulterebbe condannato per un reato commesso successivamente alla sentenza stessa. Provvisoriamente in questa sede abbiamo ritenuto più plausibile che la condanna fosse riferita al primo episodio del 26-07-1943 per tre motivi: 1. l'indicazione è corroborata da un riferimento preciso alla sentenza di condanna, il che riduce la possibilità di equivoci 2. per un episodio di resistenza partigiana che ha comportato l'uccisione di un militare della RSI la condanna a 9 anni appare fin troppo mite secondo i criteri in uso in quel momento storico 3. in tal caso le date riportate con precisione relativamente all'uccisione di Silvino e alla sentenza di condanna resterebbero accettabili, sebbene la condanna in questione sarebbe da riferirsi ad un episodio diverso.

(4) Fu uso dei partigiani adottare nomi di battaglia che rendessero meno immediata la loro identificazione da parte delle autorità repubblichine.

(5) "Resistenza contro il nazifascismo nella zona di Varese" di Giuseppe "Claudio" Macchi e Claudio Macchi, Macchione Editore, Varese, 2003, p. 329.

(6) ibidem p. 51.

(7) ibidem pp. 61 e 62

(8) "L'ombra degli americani sulla Resistenza al confine tra Italia e Svizzera" di Franco Giannantoni, edizioni Essezeta, Varese, 2007, p. 294. La fonte indica come prima area d'azione la Val d'Intelvi e come seconda Campione; la successione degli spostamenti è però dubbia poichè Ferrari venne infine catturato in Val d'Intelvi e non a Campione.

(9) "Resistenza contro il nazifascismo nella zona di Varese" di Giuseppe "Claudio" Macchi e Claudio Macchi, Macchione Editore, Varese, 2003, p. 77.

(10) "L'ombra degli americani sulla Resistenza al confine tra Italia e Svizzera" di Franco Giannantoni, edizioni Essezeta, Varese, 2007, p. 294.
       "Resistenza contro il nazifascismo nella zona di Varese" di Giuseppe "Claudio" Macchi e Claudio Macchi, Macchione Editore, Varese, 2003, p. 130.
        Il testo di Giannantoni indica come data dell'uccisione di Ferrari l'11 gennaio, in contrasto con il testo di Macchi, ma anche con la lapide commemorativa e con il manifesto dedicato ai caduti;
        eppure l'indicazione del Giannatoni appare decisamente verosimile considerando i tempi tecnici necessari ad espletare le formalità burocratiche dopo la cattura e ad effettuare il trasferimento da Como a Varese.

(11) "Resistenza contro il nazifascismo nella zona di Varese" di Giuseppe "Claudio" Macchi e Claudio Macchi, Macchione Editore, Varese, 2003, p. 131.

(12) "Resistenza contro il nazifascismo nella zona di Varese" di Giuseppe "Claudio" Macchi e Claudio Macchi, Macchione Editore, Varese, 2003, p. 243. Macchi riferirà di queste testimonianze anche in diversi processi e in diverse aule di tribunale.

(13) "Resistenza contro il nazifascismo nella zona di Varese" di Giuseppe "Claudio" Macchi e Claudio Macchi, Macchione Editore, Varese, 2003, p. 186

(14) "L'ombra degli americani sulla Resistenza al confine tra Italia e Svizzera" di Franco Giannantoni, edizioni Essezeta, Varese, 2007, p. 294. Il Giannantoni, oltre ad indicare la data precisa, riferisce che i tre confessarono l'assassinio prima della fucilazione.

(15) "Resistenza contro il nazifascismo nella zona di Varese" di Giuseppe "Claudio" Macchi e Claudio Macchi, Macchione Editore, Varese, 2003, p. 246