La faccaiata di Casa San Carlo con la caratteristica meridiana

Approfondimento del Vangelo di domenica 30 settembre a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione sul Vangelo domenicale, proposto ogni venerdì sera alle ore 21 presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 28 settembre 2018:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

V Domenica dopo il Martirio di San Giovanni Battista
Lc 10, 25 - 37


25In quel tempo. Un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».


La parabola di oggi viene stimolata da questo dottore della legge che mette alla prova Gesù, il quale risponde creando questa parabola attraverso la quale ci mostra la via verso la vita, perché questo è il tema: “Cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” La strada che Gesù indica è la strada della “compassione” la strada della vita, anzitutto della vita di questa persona mezza morta di cui quest’uomo si prende cura e, prendendosi cura di lui, cioè della sua vita, sta anche lui ricevendo vita da questo gesto di compassione che compie. La compassione è vita per la vita dell’altro ed è vita per la vita tua! Dove non c’è compassione c’è la morte dell’altro e la tua morte. Questo dottore della Legge ha una buona capacità di sintesi mettendo insieme due testi della Scrittura che indicano l’amore per Dio e l’amore per il prossimo che sono, lo sappiamo, un unico comandamento. Ma la lettura di San Paolo di questa domenica cita solo il comandamento dell’amore per il prossimo, e questo è singolare! Può Paolo dimenticarsi il comandamento dell’amore di Dio? No, certamente! E allora? Il comandamento dell’amore di Dio è espresso dentro ed attraverso il comandamento dell’amore per il prossimo. Come dire: Il tuo amore per il prossimo contiene e manifesta il tuo amore per Dio. E questo è, forse, l’unico modo per manifestare l’amore per Dio: Amare il prossimo! Non ce n’è un altro! Non sarà, forse, semplicemente il gesto del culto da solo a manifestare il nostro amore per Dio?! Lì è il luogo in cui ci abbeveriamo del suo Spirito, per poter avere poi, in noi stessi, il suo stesso amore e per poterlo, poi, esprimere nell’amore per il prossimo. Ma non è certo testimonianza del mio amore per Dio il fatto che io pongo in essere atti di culto! Quella è la sorgente a cui io mi abbevero. Ma dove si vede il fatto che io amo Dio se non nel fatto che io amo il prossimo? Allora la domanda è: Chi è il mio prossimo? Perché il tentativo è sempre quello di dare interpretazioni umane alla Parola di Dio, interpretazioni umane che tendono a ridurre la portata della Parola di Dio.
La Parola di Dio non si può non interpretarla, tant’è che Gesù chiede: “Come leggi?” Ecco l’interpretazione! E’ importante, allora, capire non solo cosa sta scritto nella Parola di Dio ma come tu la leggi. Cioè: c’è quello che la Parola di Dio dice in se stessa - e da lì bisogna sempre partire - ma c’è anche il soggetto che la legge, ci sei tu con quello che sei e come ti rapporti a quello che la Parola di Dio contiene? C’è la Parola di Dio ma c’è anche colui che la legge e le due cose sono inscindibili! Per questo Gesù pone tutt’e due le domande: Che cosa sta scritto nella Legge e con che cuore, con che intenzione la leggi?
Il prossimo è questo uomo, protagonista della parabola, che si fa prossimo nei confronti di un suo simile ferito dai briganti, mezzo morto, appunto. Infatti il tema è quello: Dare la morte o dare la vita, siamo sempre lì. Questo dare la morte, fra l’altro, risulta anche gratuito e per ciò ci indigna ancora di più. Perché i briganti non si sono limitati a derubare ma hanno voluto anche percuoterlo, magari accanendosi insieme contro una sola persona. E’ una cosa che indigna ed esprime che l’uomo, mentre sceglie la morte per l’altro, sta scegliendo la morte anche per se stesso, la morte del proprio essere uomo, la morte della propria umanità, del senso dell’umanità: E’ morto! Questo uomo, notate l’indeterminatezza, proprio perché di umanità in generale si sta parlando: l’umanità compassionevole, l’umanità ferita e l’umanità che smarrisce il senso dell’essere uomo. C’è tutta l’umanità! Gesù, attraverso la presenza nella parabola di queste due figure di religiosi, il sacerdote ed il levita, non evita di mettere un’annotazione forte sul fatto che la religiosità non può e non deve mai essere una barriera che crea distanza da uomo a uomo. La religiosità vera è quella che crea prossimità all’uomo, non solo fra credenti ma fra uomini in generale, mentre vi è una religiosità male interpretata. Come vivi – direbbe Gesù a questo levita ed a questo sacerdote - la tua religiosità? Il problema non è la tua religione ma il “come” vivi la tua religiosità, la tua fede!
Allora ecco che la strada della compassione, il “fare” la compassione – come dice il testo greco - perché quest’uomo non solo ha avuto compassione ma ha “fatto” è una strada che si esprime in opere. La compassione, infatti, è operosa, non è solo un sentimento o, semplicemente, un’emozione ma è un qualche cosa in cui tu ti immedesimi: è la sofferenza dell’altro che attiva in te energie vitali e che ti fa prender cura della vita dell’altro. Nella compassione c’è una dinamica che sprigiona energia e che si traduce nel sentire le sofferenze dell’altro come tue – com-patire, cioè “patire con.”
Il contrario di questo è l’indifferenza “ …passò oltre:” Tenere la distanza, dall’altra parte, non lasciarsi coinvolgere, non voler vedere, non sentire la sofferenza dell’altro, rendersi sordi e ciechi.
Certamente anche quelli che lo hanno percosso si sono resi indifferenti, sordi alla sofferenza, perché se l’avessero sentita non avrebbero fatto: non si può far soffrire l’altro se, anche solo in parte, quella sofferenza io la sento. Non si riesce! Ma se io non la sento, se la sua sofferenza non mi riguarda allora io riesco a fare anche quello che è innaturale fare, arrecando sofferenza all’altro. Allora, vedete, come questa indifferenza accomuna colui che ha percosso quest’uomo e colui che non lo ha soccorso: sono sullo stesso piano! Non soccorrere è lo stesso che causare la sofferenza!
C’è poi questa cascata di verbi, di azioni poste in essere del samaritano che dipingono una sorta di concretizzazione del decalogo “…passandogli accanto…vide…ne ebbe compassione…si fece vicino…fasciò le ferite…versò olio e vino…lo caricò sulla cavalcatura…lo portò…si prese cura…tirò fuori due denari…li diede all’albergatore.” Sono dieci azioni che configurano una sorta di decalogo: il “fare” compassione!
Per questo Gesù, in chiusura, può dire al dottore della legge: “Chi di questi tre ti sembra che sia stato prossimo…? La risposta è evidente: “Chi ha avuto compassione di lui” Gesù a questo punto conclude: “Va’ ed anche tu fa’ così!” Fai compassione anche tu! Ecco perché veramente l’indifferenza non è “un” peccato ma è “il” peccato, l’origine del peccato; è il non riconoscere più l’altro come tuo simile, compagno in umanità; è l’aver perso la capacita di entrare in sintonia con la sua sofferenza; è il mettere fra te e lui barriere che possono essere di diversa natura, ideologica, culturale, anche un modo errato di vivere la religione ma che ottengono lo stesso effetto: creano un barriera di indifferenza che è la radice del peccato, perché ti taglia la possibilità di vivere l’amore che è l’unico comandamento di Dio, l’unica cosa che ai suoi occhi conta. Taglia le gambe al prossimo e taglia il rapporto con Dio.
Questa via, vedete, è una via di morte, perché tagliare la relazione significa morire. Noi non viviamo senza gli altri e senza l’Altro! Noi viviamo dentro una relazione! La relazione è la vita dell’uomo: la relazione con Dio, la relazione con gli altri è la vita dell’uomo! L’indifferenza ti toglie la vita! La compassione, allora, è la nostra salvezza, è la via che Dio ci indica per andare verso la vita, e non solo la vita dell’altro! E’ la tua vita che è in gioco, perché la tua indifferenza uccide te oltre che uccide l’altro. E’ questione della mia salvezza! E’ la mia vita che è in gioco! Per questo Gesù usa parole così forti, perché gli sta a cuore la tua vita, la tua salvezza!
Allora la parabola di oggi ci aiuti ad entrare in preghiera ed a rispondere a questa domanda: La parola di Dio, tu come la leggi? Solo con l’attenzione ai contenuti o con l’attenzione a chi sei tu che sei davanti a questa Parola che ti parla. Con quale mente e con quale cuore la leggi?

Don Marco Casale
Casa San Carlo – Bizzozero
Trascrizione non rivista dall’autore

 

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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