La faccaiata di Casa San Carlo con la caratteristica meridiana

Approfondimento del Vangelo di domenica 1 luglio a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione, proposto ogni venerdì sera alle ore 21 presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 29 giugno 2018:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

VI dopo Pentecoste
Es. 3, 1 - 15

Oggi partiamo col commentare questo brano del libro dell'Esodo perché vogliamo incontrare la figura di Mosè. Domenica scorsa le letture ci hanno parlato di Abramo e così, dall'incontro con queste figure bibliche e con il loro cammino di fede, noi ne possiamo trarre un confronto che aiuta anche il nostro personale cammino di fede. Ci troviamo di fronte un Mosè che da quarant'anni vive nel deserto, dove si è rifugiato, dove è fuggito lasciando l'Egitto. E’ un uomo, Mosè, che ormai è diventato una persona diversa, un'altra persona: dopo i primi quarant'anni della sua vita trascorsi in Egitto alla corte del faraone, dopo aver sperimentato anche l'autorità, il potere Mosè aveva incontrato la miseria e la schiavitù del popolo ebraico, che poi è anche il suo popolo e allora era subito intervenuto maldestramente, uccidendo un sovrintendente degli schiavi e trovandosi così costretto a fuggire per non essere preso, per non essere condannato. E’ un Mosè che si fa toccare dalla miseria del suo popolo ma è ancora un uomo che vuole risolvere le cose a modo suo, un Mosè ancora impulsivo. Ecco, ora troviamo un Mosè che è un'altra persona, un Mosè che ha fatto quarant'anni nel deserto ad occuparsi delle greggi di suo suocero - di cose neanche sue – un Mosè, allora, che si è si è molto spogliato, che ha abbandonato il suo modo di pensare; un Mosè che ha sperimentato la solitudine del deserto, la solitudine di una condizione sociale perduta, che non aveva più; un Mosè che sperimenta la povertà, l'essenzialità; un Mosè che rientra in se stesso e così spoglio è pronto per un nuovo incontro con il Signore: il Signore si rivela a lui nel Roveto che arde e non brucia,non si consuma. Mosè si trova di fronte a un mistero che lo incuriosisce: ecco, questa capacità di incuriosirsi, questa curiosità Mosè non l’ha persa; questa voglia di interrogarsi Mosè non l’ha persa, questo desiderio di cercare, di capire e di indagare anche il mistero di Dio, che lo rimette in movimento e che gli fa trovare, in un modo nuovo, inedito un incontro con Dio. Dio si è rivelato così ad un uomo ormai consumato, spogliato come Colui che arde, perché il cuore di Dio è un cuore che arde d'amore, perché la parola di Dio arde, infiamma i cuori ma non si consuma: è un modo diverso che Mosè ancora non conosce ma che lo incuriosisce. “Perché questo roveto non brucia - io che ormai nella mia vita ho visto consumarsi tutto, io che sono rimasto senza niente - perché questo Rovèto non si consuma, che cosa rende questo Rovèto capace di dare calore ma senza consumarsi?” Dio, allora, parla perché lo vede avvicinarsi. Dio va incontro a Mosè perché lo vede venirgli incontro e si rivolge a lui chiamandolo per nome , vuol dire una conoscenza personale: Dio conosce il cuore di Mosè e la sua vicenda. Scrutando il suo cuore vede che il cuore di Mosè è pronto perché è un cuore spoglio ma è un cuore che non ha smesso di interrogarsi, un cuore che ricerca e così gli rivela, a sua volta, il suo nome: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” e si mostra come un Dio che si lascia coinvolgere dalle vicende degli uomini, dalla miseria del suo popolo e a cui Lui risponde con la misericordia. Misericordia, infatti, vuol dire: amore per i miseri, per coloro che sono nella miseria. Dio si lascia toccare il cuore dalla condizione di miseria, dalla povertà , dall'oppressione che il popolo subisce. Dio non rimane indifferente e che cosa fa Dio di fronte alla miseria del suoi figli? Guarda! “Ho osservato.” Dio, anzitutto, guarda: tutto inizia da qui! Ecco come anche noi siamo chiamati a guardare le miserie di tanti uomini e di tante donne, le loro condizione di privazione, di sofferenza, di schiavitù, di oppressione, di giustizia.
Dio guarda, Dio ascolta la voce del suo popolo e raccoglie la voce, il grido che viene dal suo cuore, l’invocazione, il bisogno di aiuto: Dio lo raccoglie! Dio conosce le sofferenze, le conosce profondamente, ne partecipa, le sente sue, si immedesima con tutto se stesso e allora scende per liberare. È un Dio che si fa prossimo, che si fa vicino; è un Dio che si mette dentro, nelle vicende dei miseri, che si lascia tirare dentro, che si lascia coinvolgere e che interviene per liberare. Ecco: la rivelazione del nome che Mosè invoca: “Qual è, come ti chiami, qual è il tuo nome perché io, portando la tua parola agli Israeliti possa dir loro chi tu sei? E allora Dio dice solo: “Io sono Colui che sono, Colui che c'è!” Questa mi sembra la traduzione migliore di queste quattro parole che noi traduciamo con la parola unica Jahvè e che, però, l'israelita non pronuncia perché non si può pronunciare il nome di Dio perché pronunciarlo significherebbe possederlo, come si possiede l'idolo. Significherebbe aver perso la distanza fra l'uomo e Dio, la differenza tra l’uomo e Dio ed allora l’israelita chiama Dio “Adonai” – quella parola che per noi si traduce con il termine “Signore” che è un bel modo di chiamare Dio. Noi, oggi, continuiamo a chiamare Dio “Signore” e questo nome, che significa “Io sono Colui che c'è” cioè “Colui che è qui con te, ora” è un nome che rivela l'identità profonda di Dio come Colui che è presente, Colui che si fa accanto, che scende, che cammina al fianco dell’uomo perché conosce, perché ha ascoltato, perché ha visto, perché si è lasciato coinvolgere completamente con l'esperienza dell’uomo.
L’esperienza di Mosè, allora, è quella dell'incontro con Dio che si rivela in ciò che fa, cioè in questa opera di liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù, che può essere la schiavitù dagli Egiziani ma che può essere anche la schiavitù del male e del peccato, la schiavitù delle nostre dipendenze attraverso la sua misericordia ed il suo perdono. Può essere la liberazione dalla schiavitù del nostro conformismo, dalla schiavitù delle nostre paure che ci impediscono di metterci in cammino, di fare delle scelte, di fare dei passi.
Dio è Colui che si fa conoscere nel momento in cui ti libera!
E’ Colui che ti rende capace di compiere ciò che da solo tu, nella tua libertà, non sapevi compiere! Dio è Colui che ti rende libero! Questo Dio vicino ci mostra questa strada, che è la strada della misericordia, che è una strada di prossimità e di vicinanza alle miserie che anche oggi gli uomini patiscono! Potremmo domandarci: Ma Dio oggi chi è? A chi soccorrerebbe, a chi si farebbe vicino, a chi si mostrerebbe come Colui che c’è, come il Dio che c’è? Penso che Dio si mostrerebbe vicino a tutti coloro che patiscono le ingiustizie, agli innocenti che soffrono le ingiustizie; si farebbe vicino anche a tutti coloro che non smettono di lottare e di cercare per se stessi e per i propri figli per un futuro migliore; Dio si farebbe vicino a tutti coloro che sono morti nella ricerca, per se stessi e per i loro figli, di un futuro migliore; Dio si farebbe vicino alle migliaia di morti che sono nel fondo del Mediterraneo; Dio si farebbe vicino a quelle mamme ed a quei papà che credono nella vita e che accettano di tenere il proprio figlio anche quando tutti lo sconsigliano e scelgono per la vita; Dio si farebbe vicino a tutti gli anziani, che nella loro fragilità non ce la fanno più e che sono nelle case dei loro familiari o nelle case di riposo, ed a tutti coloro che se ne prendono cura ogni giorno; Dio si farebbe vicino a tutti quei giovani ed a tutti quei ragazzi che cercano il senso della vita e che ancora devono fare la loro scelta per la vita ed imparare a non disprezzarla, a non sciuparla, a non buttarla via ma amarla e stimarla e viverla in pienezza. Ecco perché la rivelazione del nome di Dio, mentre ci mostra la strada di Dio che si fa vicino, nello stesso tempo mostra anche a noi la strada di questo “esserci“ accanto all’uomo, nella sua miseria. Questo è il luogo in cui Dio si fa trovare e questo è il luogo in cui anche il credente si fa trovare.
Noi non possiamo essere dei credenti credibili se non ci facciamo trovare vicino alle miserie dell’uomo di oggi.

Don Marco casale
Casa San Carlo – Bizzozero
Trascrizione non rivista dall’autore

 

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