La faccaiata di Casa San Carlo con la caratteristica meridiana

Approfondimento del Vangelo di domenica 17 giugno a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione, proposto ogni venerdì sera alle ore 21 presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 15 giugno 2018:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

​IV dopo Pentecoste
​​​​​Mt 12, 1 - 14

Questa parabola, del capitolo 12 del Vangelo di Matteo, è la terza parabola che Matteo presenta in sequenza come in un crescendo, fino a questa che ci appare più severa, anche più dura nelle sue espressioni. Però non vogliamo fermarci a questa durezza, che certamente appare nel comportamento di questo re, nella sua severità, ma vogliamo entrare un po’più in profondità, per cogliere il messaggio che la parabola ci vuole dare. La parabola, infatti, è così costruita: Gesù utilizza delle immagini che attinge dall’osservazione della vita quotidiana, dalla vita reale delle persone e ne ricava un insegnamento che ci aiuta a cogliere un aspetto del volto di Dio, un aspetto che ci rivela qualcosa di quello che è Dio. Noi dobbiamo cogliere il cuore della parabola, perché ogni parabola ha un tema, un messaggio da darci e quindi non dobbiamo perderci nei singoli particolari della parabola. Dobbiamo, inoltre, considerare come la scelta di Gesù di una festa di nozze abbia un duplice valore, sia suo personale – Gesù, spesso, ha avuto l’occasione di frequentare questi momenti di festa, dalle nozze di Cana, che è stato il primo evento pubblico di Gesù, a tante altre occasioni in cui, nella sua vita, ha avuto modo di partecipare a feste e banchetti, tanto che i suoi avversari lo consideravano un mangione ed un beone. Certamente in questo modo Gesù ci dice qualcosa di importante, che cioè Lui apprezza tutti quei motivi di gioia che anche noi uomini viviamo e che Gesù stesso ha vissuto come, per esempio, la partecipazione ad una festa di nozze. Quindi il Vangelo di Gesù è certamente tutto un annuncio di gioia ed un desiderio di gioia profonda, non certo di una gioia superficiale. Questa figura del re rappresenta certamente Dio; gli invitati alla festa di nozze rappresentano il popolo di Israele; i servi rappresentano i profeti che Dio manda al suo popolo ed in questa prima parte noi vediamo descritto il rifiuto del popolo di Israele, l’infedeltà del popolo dei Giudei, soprattutto dei rappresentanti del popolo, di coloro che avrebbero dovuto custodire la Parola di Dio e che, invece, l’hanno tradita, l’hanno travisata. E’ difficile non vedere, in questo invio di truppe ed in questo dare alle fiamme la città, un riferimento chiaro alla distruzione della città di Gerusalemme nell’anno 70 d.C. Un popolo che va verso la sua rovina, nel momento in cui abbandona il suo Dio, in qualche modo si costruisce da sé, mette le premesse per la propria rovina. Vale la pena dire da subito che la descrizione di q​uesto re che manda le sue truppe a distruggere la città non va inteso certamente nel senso di vedere qui un Dio crudele, un Dio guerrafondaio, se non altro perché sarebbe in contraddizione con tutte le parole di Gesù su Dio come Padre; non possiamo pensare che in una singola occasione Gesù ci abbia mostrato un volto di Dio completamente diverso da tutto quello che lui ci ha detto in tutta la sua vita. Possiamo leggere, invece, questa descrizione alla luce del seguito del Vangelo di Matteo, capitolo 5, dove viene descritto il giudizio universale: chi ha vissuto l’amore, chi ha messo in pratica le opere di misericordia - ”avevo fame e mi avete dato da mangiare…” si sente dire: “Venite benedetti dal Padre mio…” Però quella è solo la conclusione delle scelte che nella vita vengono fatte. Ognuno costruisce la propria vita ed il proprio destino finale! Che cosa fa Dio? Raccoglie tutto quello che nella vita uno ha fatto e si vede la conclusione del percorso di vita. La conclusione che Dio tira è semplicemente la conseguenza di ciò che ciascuno, nella sua libertà, ha scelto! Il giudizio di Dio non è qualche cosa che di assolutamente imprevedibile! Certo, da una parte inaspettato. Diranno: “Quando noi abbiamo fatto o non abbiamo fatto queste cose? Dirà Gesù: “Ogni volta che l’avete fatto…non l’avete fatto… ad uno di questi piccoli!” Quindi da una parte sempre il giudizio di Dio ci giunge come qualcosa di inaspettato, perché noi non possiamo sapere in anticipo quale sarà e non possiamo dare per scontato quello che sarà il giudizio di Dio su di noi; dall’altra parte, però, sappiamo da che cosa questo è costituito: E’ costituito da tutto ciò che noi avremo fatto per vivere l’amore o da ciò che non avremo fatto! Non conosciamo l’esito ma sappiamo che tutto si gioca sulle nostre scelte di amore! In questa chiave va letta questa descrizione; non è tanto Dio che ama distruggere la sua creatura -questo sarebbe contraddittorio – ma è la creatura che, con le proprie scelte, va verso una vita benedetta o verso la propria rovina!
Nella seconda parte della parabola si vede come cambia il registro. Dio prosegue nel suo disegno di salvezza: La festa è pronta, gli invitati non ne erano degni, ed allora andate, uscite ai crocicchi delle strade – i crocicchi sono il punto più lontano delle strade, il punto in cui la strada finisce e si entra nella campagna, tra i sentieri - come dire: andate alle periferie, cioè dappertutto, anche lì dove ci sono quelli più lontani, quelli trascurati, quelli che vivono proprio fuori dalle città. “Andate proprio da tutti - Provate a pensare quante volte Gesù questo lo ha vissuto nella sua vita - “e tutti quelli che troverete invitateli alle nozze.” La chiamata diventa universale: c’è una sorta di passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento - seppure la chiamata universale era già contenuta nell’Antico Testamento – però qui si tratta di Gesù, ormai. Con Gesù è evidente la chiamata universale, di tutti gli uomini alla salvezza. “Vengono radunati tutti quelli che furono trovati, cattivi e buoni, - anche qui vedete si parla di tutti, ma prima vengono citati i cattivi, perché Gesù è venuto a cercare, anzitutto, i peccatori ma non perché a Gesù non piacessero quelli buoni, ma perché Gesù sapeva che nessuno può dirsi buono agli occhi di Dio. I cattivi, in realtà, sono tutti coloro che non solo sono peccatori ma sanno di esserlo, e lo riconoscono, e quindi invocano la salvezza. I buoni, in questo linguaggio, invece, sono coloro che si ritengono tali, che hanno la presunzione di essere giusti. Quindi vengono raggiunti dalla salvezza prima tutti coloro che la salvezza la desiderano, perché sanno che senza di questa sono perduti!
A questo punto la sala si riempie: il re entrò. Non ci devono sfuggire questi particolari. La parabola, infatti, appare tanto dura ad una prima lettura, invece ha questi aspetti che ci mostrano che Dio è altro. Dio è colui che “scende”, partecipando alla nostra festa: è un Dio con noi - entra nella sala con i commensali – non è un Dio lontano. E’ un Dio che apre a tutti! Vedete quanti aspetti così belli del volto di Dio che ci vengono presentati.
Però ecco che di nuovo si cambia registro: alla festa c’è un uomo che non ha l’abito nuziale. Dobbiamo subito intenderci: si usava così, allora, cioè si arrivava alla festa e a ciascun invitato veniva offerto un abito per le nozze, perché tutti i commensali potessero indossarlo. Se questo invitato non ce l’aveva era perché lo aveva rifiutato: non aveva voluto cambiare abito, non si era fatto coinvolgere fino in fondo nella festa. “Amico – dice – come mai sei qui senza l’abito nuziale?” Ecco, qui possiamo vedere una sorta di Giuda - usando questo paragone. Notate che anche colui che, pur essendo presente, cioè partecipando alla cena, così come anche Giuda lo era stato, è lì ma è altrove, i suoi propositi sono altri. Non ha rivestito un abito nuovo, non è entrato nello spirito della festa, non partecipa alla gioia del re, non ha cambiato vita, non vuole convertire il cuore. Però il re a lui così si rivolge chiamandolo “amico.” Vedete come emerge, in realtà, lo sguardo di Dio, che è uno sguardo di amicizia nei confronti dell’uomo, anche dell’uomo che tradisce. Allora noi potremmo vedere, in questo prendere quest’uomo e cacciarlo fuori, la sofferenza di Dio che è addolorato nel vedere i propri figli che non vivono da figli ma, allo stesso tempo, anche la grande serietà delle scelte di male e delle conseguenze negative e disastrose che queste scelte portano! Vedete come Dio prende sul serio sia la sua misericordia, il suo sguardo di bontà sull’uomo – che chiama sempre amico - sia le scelte degli uomini. In tutti i modi Egli vuole metterci in guardia sulla rovina a cui andiamo incontro quando compiamo scelte di male che sono contro noi stessi, contro la nostra gioia e contro la pienezza della nostra vita! Ecco la conclusione: “Molti sono chiamati!” Molti, nel linguaggio evangelico vuol dire “tutti” – nella formula della consacrazione, durante la messa, si recitano le parole dell’ultima cena e si parla di questo sangue versato per la “moltitudine” che, correttamente, viene tradotto dicendo “sangue versato per voi e per tutti!” La moltitudine sono tutti! Allora tutti sono chiamati alla salvezza, alla partecipazione alla gioia del Regno dei Cieli, che è arrivato qui sulla terra e che ce lo ha portato Gesù, ma “pochi sono gli eletti.” Qui si vede il cuore di Dio che si strugge, perché vede i cuori dei figli che si raffreddano perché non vivono l’amore ed è, nello stesso tempo, un grande ammonimento, a tutti gli uomini che sono chiamati, a non disperderlo e ad accogliere l’amore di Dio ed a vivere la loro risposta d’amore, amando il prossimo. La parabola, quindi, nello stesso tempo ci presenta la misericordia di Dio che è il nostro salvatore e la possibilità sempre tragica, però molto seria, drammaticamente seria, che noi possiamo rifiutare questo suo amore. L’invito finale, quindi, è quello all’accoglienza di questo amore. Questo testo è verso la fine del Vangelo; è come se Gesù avesse voluto fare un appello estremo al popolo di Israele perché accogliesse la sua parola! Qui ci vediamo tutto lo struggimento del cuore di Gesù che, come sapete, quando vedeva l’incredulità ci soffriva e rimaneva anche sorpreso dalla mancanza di fede. Qui c’è tutto il dolore di Dio di fronte al rifiuto dei figli però, allo stesso tempo, c’è la fedeltà, la perseveranza di Dio, la misericordia di Dio, lo sguardo di amicizia di Dio: questo è sempre il cuore del Vangelo! Dio non si stanca mai dell’uomo, non perché non ne conosca fino in fondo le miserie, ma perché lo ama infinitamente! Lui lo ha creato e lo ha amato fin dal principio, e non può rinnegare sé stesso, non può rinnegare l’opera che Lui ha fatto – né lo vuole fare – ma vuole portare fino in fondo il suo proposito di trovare, nell’uomo, una creatura che fosse un “interlocutore d’amore” con lui. Questa passione di Dio ci deve colpire, soprattutto quando, per esempio, noi siamo portati ad essere sfiduciati nei confronti dell’uomo, ma anche nei confronti di noi stessi, o nei confronti anche delle nostre mancanze, delle nostre inadeguatezze, delle nostre incapacità, delle nostre miserie. Pensiamo a questo, quando ci stanchiamo e ci scoraggiamo, ma Dio non si stanca, non si scoraggia: Dio rinnova continuamente la fiducia in noi e continuamente, col suo amore, ci offre una nuova possibilità, ci apre un nuovo cammino, ci invita a rinnegare quel male che ci sta portando allo sconforto, alla sfiducia, alla tristezza e ci invita nuovamente a partecipare alla festa del banchetto del re. Poi noi possiamo anche considerare la fiducia che Dio continua a riporre in tutti gli uomini, nell’umanità, e quindi avere uno sguardo di speranza, come quello che Dio ha sempre sull’uomo, e che Dio invita anche noi ad avere: essere sempre portatori di questa speranza nell’umanità, che sembra fare un passo avanti e due indietro, un’umanità con tutte le sue contraddizioni, con tutta la sua capacità di odio e di distruzione, ma Dio non perde mai la speranza. Ci fa bene vedere la speranza che Dio pone nel cuore dell’uomo e che non viene meno e che Lui custodisce e ci invita a custodire e a non perdere mai: la speranza, che è anzitutto la sua speranza, nell’uomo! Questa parola, quindi, diventa una parola severa ma non sconfortante, non scoraggiante: al contrario: E’ una parola che ci scuote, che ci invita a prendere sul serio, fino in fondo, le conseguenze delle nostre scelte e soprattutto ci invita a prendere sul serio, fino in fondo, la fedeltà dell’amore di Dio per noi!

Don Marco Casale
Casa San Carlo – Bizzozero
Trascrizione non rivista dall’autore

 

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