La faccaiata di Casa San Carlo con la caratteristica meridiana

Approfondimento del Vangelo di domenica 22 aprile a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione, proposto ogni venerdì sera alle ore 21 presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 20 aprile 2018:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

IV Domenica di Pasqua
Gv. 10, 27 - 30

In quel tempo, il Signore Gesù disse ai Giudei: «27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

Parole brevi ma molto intense quelle del Vangelo di questa domenica, che vanno inserite nel contesto del cap. 10 del Vangelo di Giovanni, in cui Gesù presenta se stesso come il “buon pastore”. Tale termine significa sia pastore “buono” che pastore “bello”, che ha, cioè, in se stesso le qualità di Dio: La bontà quindi la qualità morale e spirituale ed anche la bellezza, quella bellezza che salva il mondo.
Questo pastore ha le sue pecore che sono, naturalmente, tutti coloro che riconoscono in lui il proprio pastore. “Le mie pecore ascoltano la mia voce”: sono quelle che hanno la capacità di riconoscere la voce del loro pastore Gesù in mezzo a mille altre voci, secondo quella bella immagine del pastore che entra nel recinto, dove pecore di tutti i pastori sono custodite durante la notte e lui chiama e le sue pecore riconoscono la sua voce, si alzano e lo seguono. Riconoscere la voce del proprio pastore tra le voci di tanti altri pastori: Questa è la caratteristica delle pecore ed è la caratteristica più bella, più importante. Le pecore rappresentano i credenti, naturalmente, quindi coloro che hanno ascoltato la voce di Gesù, hanno creduto e mettono in pratica la sua parola. Soprattutto, avendo ascoltato molto la voce del pastore, hanno questa capacità di capire, di riconoscere la parola perché sentono risuonare il timbro della sua voce, il suo modo di parlare, le parole che lui usa più frequentemente, il sapore delle sue parole. Ecco perché in mezzo a tante parole, che hanno anche la pretesa di essere parole di Vangelo, parole di Chiesa, sanno riconoscere quelle in cui risuona davvero la voce del pastore Gesù e la sanno distinguere da quelle che, pur avendo questa pretesa di parlare a nome suo, in realtà del Vangelo non hanno il sapore, anche se all’apparenza sembrano parole sue, dette a nome suo ma non lo sono: non è così! Le pecore devono sviluppare questa capacità di riconoscere la parola di Gesù in mezzo a tante, la devono frequentare, la devono assaporare, la devono pregare, la devono conoscere a fondo, approfondire, devono avere grande familiarità con questa parola.
Gesù conosce bene le sue pecore! Il suo è il conoscere biblico, il conoscere proprio dell’amore, il conoscere dell’amato. Le conosce una ad una per nome, conosce il loro cuore, le loro sofferenze, i loro desideri, le loro ferite. Ecco perché il vero pastore si distingue proprio per il fatto che non fa mai discorsi generici, neanche quando fa un’omelia. Non fa un discorso che va bene qui e va bene ovunque; che va bene per queste persone e va bene per tutti, o meglio: lo fa qui e siccome va bene per queste persone allora va bene per tutti, ma è su misura per queste persone qui, perché le conosce profondamente una per una, ne ha ascoltato le storie, conosce i loro nomi, i loro volti: conosce le loro vicende, la pena del loro cuore, la loro gioia. Allora, quando parla, si rivolge a te e tu capisci che sta proprio pensando a te in quello che dice, perché la tua vita gli importa, le cose che tu gli hai raccontato lui le ha custodite nel cuore, non le ha dimenticate, non sono una voce fra le tante: le ha considerate preziose e ci ha pensato ed ha pregato. Ecco perché, quando parla, parla in risposta alle parole che tu gli hai detto; parla per dire una parola al tuo cuore che ha bisogno proprio di quella parola in quel momento lì. La voce del pastore è la voce di chi ti conosce, che parla a tanti insieme ma uno può dire: Sembra che stia parlando a me! Questo è il pastore!
“…ed esse mi seguono”. Le pecore non amano il recinto, non amano cercare i luoghi protetti: amano andare nel recinto, in un luogo protetto in cui riposare, in cui stare con le altre pecore e con il proprio pastore, in cui sentirsi al sicuro, solo in alcuni momenti, per esempio durante la notte però, poi, si riprende la strada e si va. La Chiesa non è il recinto permanente, il luogo in cui uno si può rifugiare per non dover fare i conti con la fatica del vivere, in cui trovare soluzioni facili, in cui cercare scorciatoie! La Chiesa non è il luogo in cui siamo chiamati a costruire degli steccati, distinguendo bene quelli che sono dentro e quelli che sono fuori! La Chiesa è il luogo in cui si è convocati, ci si ritrova, si ascolta insieme la voce che insieme si è imparato a riconoscere come la voce del Pastore e poi la porta del recinto si apre e si va via tutti, fuori, nel mondo. Le pecore – quelle di Gesù – non sono fatte per stare nel recinto ma per seguire il loro Pastore Gesù sulle vie del mondo, nei sentieri più impervi e nei pascoli più inaspettati: sono fatte per seguire Gesù ovunque Lui vada e la nostra sicurezza non è mai quella di essere in un recinto ma è quella di non perdere di vista Gesù che sta davanti a noi. Questa è la nostra sicurezza!
Che cosa dà questo pastore? La vita eterna! Più volte Gesù, nel capitolo 10 di Giovanni, dice: “Io do loro la mia vita…la dono per poi riprenderla di nuovo” – in realtà la traduzione corretta sarebbe “riceverla” e non “riprenderla” – io la dono ed il Padre me la ridona, non sono io che me la riprendo ma è il Padre che me la ridona. Vedete: è tutto qui il senso della missione di Gesù: donare la sua vita per amore! E’ l’unico antidoto, l’unica prova certa che questa persona è il buon pastore e non un mercenario: questa persona sta dando veramente tutto; questa persona non sta cercando se stessa ma sta cercando il bene degli altri; questa persona non sta mettendo al centro se stessa ma mette al centro i più piccoli in mezzo a noi; questa persona non è qui per chiedere ma è qui per dare; questa persona non ha bisogno di essere lui gratificato ma è qui per aiutarci a trovare il senso della nostra vita; questa persona non è preoccupata per la sua vita ma è preoccupata per la vita degli altri, soprattutto di quelli che sono più nel bisogno. Questo è il segno certo che questi è il buon Pastore e non un mercenario!
“Io do loro la vita eterna… quella che io ricevo dal Padre” - la vita eterna, la vita di Dio: solo lui ha questa qualità dell’eternità. Io do loro la vita eterna, la vita di Dio che ricevo dal Padre. La vita eterna, in Giovanni, inizia già ora, adesso: non è rimandata a dopo la nostra morte. La vita eterna è la vita di Dio in noi. Chi crede in Lui compie le opere che Lui compie come Lui compie le opere che deve fare dal Padre. Già ora ha in se stesso la sua vita come Lui, Gesù, ha in se stesso la vita del Padre. Chi dona la sua vita, chi impara ad amare come Lui ama, già ora riceve quella vita eterna in lui come Gesù, che ha dato la sua vita la riceve dalle mani del Padre.
“…e nessuno le strapperà dalla mia mano.” Siamo nel palmo di Dio, nella sua mano e nessuno, soprattutto il nemico, il diavolo, può strapparci dalla sua mano. Per quello che dipende da Dio nessuno è in grado di portarci via da Lui, dal suo abbraccio, dalla comunione con Lui! Solo noi possiamo allontanarci da Lui, lasciarci staccare da Lui, ma per quel che dipende da Lui nessuno può strapparci dalla sua mano! La nostra preoccupazione sia quella di non permettere che nessuno, per nessuna ragione mai, ci allontani da Lui! Nessuno mai deve infonderci il dubbio della fedeltà del suo amore! Non permettiamo che nessuno, mai, ci distolga da questa fiducia in Lui e nel suo amore che è la nostra più solida certezza! Nessuno, mai, permettiamo che ci allontani da questo!
Gesù ha ricevuto dal Padre, che è il Pastore, queste pecore. In tutto l’Antico Testamento Dio è il pastore; poi Egli manda i suoi servi: Mosè, Davide, i profeti… ma Lui è il Pastore. Gesù, però, dice: Anch’io lo sono, perché ho ricevuto questo compito dal Padre che mi ha affidato le pecore che sono sue. Il Padre le ha affidate a me! “Io e il Padre siamo una cosa sola.” Perché? Perché io compio le opere che il Padre compie! “Credete a me, dice Gesù, se non altro credetelo per le opere stesse.” Per questo è sempre in pericolo chi è chiamato a testimoniare Dio attraverso la parola! A me viene sempre un grande timore: Come si fa a testimoniare Dio con la parola? Dio lo si testimonia con i fatti, con quello che tu fai non con quello che tu dici, con quello che tu sei non con le parole! Ecco, a volte si osa prendere la parola – e purtroppo a volte lo si deve fare perché la parola chiede di essere annunciata – e perché questo timore non si trasformi in realtà occorre sempre che uno possa dire: Beh, quello che devo fare è questo: Ogni parola deve essere solo espressione di un fatto, perché se la parola non è legata ad un fatto, ciò è pericoloso! Se non è legata ad un opera, ciò è pericoloso! Se non è legata alla realtà, alla vita, ciò è pericoloso! Ecco perché chi più parla – soprattutto se parla per testimoniare, per annunciare la parola - deve avere questo timore: Mai la parola deve essere negata dal fatto, dall’opera, dalla vita! Ma quali sono le opere che Gesù compie? “Andate e dite a Giovanni battista: I ciechi riacquistano la vista, i sordi odono, gli zoppi camminano, ai poveri è annunciata la buona novella!” Quando gli viene chiesto conto da Giovanni battista: “Sei tu il Messia, colui che stiamo aspettando oppure no? Gesù risponde: Andate e riferite questo: I ciechi vedono…” Che cosa, quindi? Le cose che io dico? No! Le cose che io faccio: Le cose che io faccio per l’uomo sofferente, in risposta ai bisogni dell’uomo, le cose che io faccio per rispondere alla sofferenza dell’uomo! “Andate e dite a Giovanni…questa è la testimonianza perché queste sono le opere che io faccio nel nome di Dio e queste sono le opere che Dio fa per i suoi figli!
Ecco che noi oggi, allora, possiamo unirci a questa grande preghiera della Chiesa per le vocazioni: Signore donaci pastori secondo il tuo cuore, donaci pastori che assomiglino a Te, che ci facciano sentire il sapore del Vangelo, che compiano le opere che Tu compi, che parlino più con la vita che con le parole!

Don Marco Casale
Casa San Carlo - Bizzozero
Trascrizione non rivista dall’autore

 

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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