Foto Raffaele Coppola: L'interno della chiesa di Santa Maria Maddalena

Approfondimento del Vangelo di domenica 24 settembre a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione proposto ogni venerdì sera alle ore 21.00, presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 22 settembre 2017:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

IV Domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore
Gv 6, 24 – 35

24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»

Ritorniamo qui, in casa San Carlo, da dove siamo partiti nel 2012, perché volevamo tornare nel contesto in cui questa lettura della Parola è nata, con gli ospiti di questa casa, i volontari etc…perché la parola di Dio è sempre incarnata. È sempre la stessa però prende determinati significati se è detta in luogo, con delle persone particolari piuttosto che in altri luoghi e con altre persone; acquista nuova eco, nuove risonanze proprio a seconda dei contesti in cui viene proclamata.
Il Vangelo di oggi, il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, non ha legami con i capitoli precedenti né con quelli che seguono; questo ci fa pensare che l’abbiano aggiunto dopo – dicono gli esegeti – quasi per colmare una lacuna che sembrava imbarazzante, persino eccessiva: il Vangelo di Giovanni non ci parla dell’eucarestia, mentre tutti gli altri ne parlano, e sostituisce questo racconto con quello della lavanda dei piedi. Questo racconto, però, esprime lo stesso significato: è il segno del servizio, del dono della vita per amore. Giovanni non lo dice attraverso il segno del pane e del vino ma attraverso il segno di Gesù che lava i piedi ai discepoli, cioè di Gesù che si mette al servizio. Questo è, propriamente, il senso dell’eucarestia! Chi partecipa all’eucarestia dovrebbe capire che è chiamato a vivere questo: l’umiltà del servizio, del dono di sé. Questo capitolo 6 di Giovanni serve anche a far sì che l’evangelista possa dire la sua anche sul pane. Infatti la moltiplicazione dei pani, che viene raccontata appena prima di questo brano, dice questo: il racconto della moltiplicazione dei pani ha molti riferimenti all’eucarestia: Gesù che prende il pane, lo benedice, alza gli occhi al cielo, lo spezza, lo condivide. Quindi è una chiara anticipazione dell’Eucarestia e del suo significato. Il pane è un nutrimento base per le nostre tavole – anche se le nostre diete oggi ci fanno fare lo slalom ed il moltiplicarsi di tipi di pane, con diverse farine ed ingredienti, se da un lato ci fanno gustare molte varietà, dall’altro lato ci fanno perdere la semplicità, l’essenzialità del pane che è e rimane uno dei punti base della nostra alimentazione, fatto di ingredienti semplici, poveri ed essenziali. Gesù ha voluto, innanzitutto, dirci questo: darci un nutrimento essenziale! Poi c’è anche il significato della condivisione di questo pane; il fatto che sia spezzato così che nessuno rimanga senza. Il pane condiviso diventa il pane per tutti, che sfama tutti. Se qualcuno manca del pane è perché qualcun altro si è tenuto due pezzi! Questa è un po’ la logica di Dio, la logica della condivisione: la fame c’è perché qualcuno si è mangiato un pane in più! Nella I lettera ai Corinzi san Paolo dice così: Quando voi vi radunate nelle case – si era soliti fare così, infatti: prima si cenava e dopo si spezzava il pane, cioè l’Eucarestia – se in queste vostre riunioni, gli ultimi che arrivano non trovano niente da mangiare, vuol dire che in questa comunità c’è qualcosa che non va, perché vuol dire che chi è arrivato prima si è mangiato tutto. Allora è inutile che poi andiate alla frazione del pane, a celebrare l’Eucarestia, se nella condivisione della cena, prima, non avete trovato il modo di lasciare qualcosa a chi arriva va per ultimo. Come dire: se uno non fa questo gesto di condivisione così semplice, così essenziale, come potrà pensare di accedere all’Eucarestia, come potrà entrare nell’Eucarestia e comprenderne il significato? Gesù, di fronte a queste folle, dopo essersi lasciato trafiggere, commuovere dal bisogno di queste folle – sono come pecore senza pastore – subito dopo, invece, ha parole molto dure nei loro confronti: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.” Non mi cercate perché avete compreso tutti questi significati: il dono di Dio, la condivisione come esperienza primordiale del servizio gli uni verso gli altri; non avete colto questi segni ma siete venuti solo perché vi ho saziato! Le parole di Gesù sono parole dure, di rimprovero. Verrebbe, però, da dire: Ma sei tu, Gesù, che ti sei lasciato commuovere dal loro bisogno! Qui ci sarebbe da riflettere: tante volte anche noi ci lasciamo coinvolgere dal bisogno però poi, magari, sperimentiamo l’ingratitudine, sperimentiamo il fatto che, magari, uno fa di tutto per dire a qualcuno che gli vuole bene, che lo vuole aiutare e trova dall’altra parte solo ingratitudine, incomprensione. Tornando a Gesù verrebbe da dirgli: ma che cosa ti aspettavi di diverso? Il cuore dell’uomo è così, il cuore di tutti noi è così: Tanto desideriamo che gli altri si prendano cura di noi, tanto stentiamo a credere che l’altro si stia davvero interessando di noi disinteressatamente perché gli stiamo a cuore, perché gli importa di noi! Ne abbiamo paura! Oppure ne approfittiamo! Verrebbe ancora da dire a Gesù: perché rimproveri così duramente queste folle? Tu lo sai che il cuore degli uomini è fatto così! Certo che Gesù lo sa, lo sa bene che il cuore di noi tutti è così, conosce l’ingratitudine del nostro cuore, l’opportunismo del cuore dell’uomo però il rimprovero di Gesù esprime il fatto che Lui non si rassegna a questo. “Datevi da fare non per il cibo che non dura ma per il cibo che rimane per la vita eterna.” Certo lo so: fate così perché il cuore dell’uomo è fatto così, nel segno del peccato, della fragilità, della paura, dell’incomprensione, ma datevi da fare per un cibo che dura per la vita eterna che Gesù, il Figlio dell’uomo vi darà. Gesù sa che nell’uomo non c’è soltanto la paura, l’ingratitudine, la difficoltà a comprendere il dono, la diffidenza, l’opportunismo: c’è anche la capacità di desiderare un altro cibo un cibo di vita eterna. C’è nell’uomo anche questa capacità! Vedete l’ottimismo di Gesù? Ogni rimprovero di Gesù, anche quando ci appare duro, senza giri di parole – come in questo caso in cui Gesù neanche li saluta e non risponde alla loro domanda ma subito li “ribalta” - diremmo noi – lo fa per rilanciare! Ma perché razzolate – direbbe qualcuno – come le galline nel pollaio, quando siete, in realtà, delle aquile destinate alle altezze dei cieli? Il vostro cuore è fatto per mete ben più alte: perché vi perdete in piccinerie? Perché? Siete fatti per qualcosa di più grande! Perché vi ostinate su queste cose piccole, quando siete fatti per cose grandi? Il rimprovero di Gesù è sempre un rilancio! Che cosa dobbiamo fare? La risposta di Gesù è: “Credere!” Ecco che viene fuori la fede! Verrebbe da dire: Gesù, tu ci spiazzi sempre! Come fa la fede ad essere un’opera? Qui, però, Gesù ci aiuta ad uscire da una visione astratta della fede. Che cos’è la fede? Se io dico: Credo in Dio, è questa la fede? Non basta! La fede è anche conoscere, con una visione teologicamente corretta, Dio, l’amore trinitario; ma si può dire che è questa la fede? E’ un’opera, la fede, è un fare! Non è qualcosa di astratto! Non è questione di correttezza di conoscenza; non è solo questione di conoscenza della dottrina! E allora che cos’è? E’ un fare, un aderire alla vita di Gesù per vivere come Lui vive; è un cogliere da questo segno del pane il significato che contiene e che ci rende capaci di spezzare, a nostra volta il pane nella condivisione, nella fraternità. Spezza questo pane, perché la tentazione di tenere tutta la pagnotta per me è sempre presente!... Ma c’è anche lui!... E perché dovrei darlo proprio a lui?... Cosa ha fatto per meritarselo?... E perché proprio a lui? Magari io lo voglio dare ad un altro: ad un altro ma non a lui. Perché proprio a lui? Allora la fede, vedete, è un’opera: questo pane lo spezzo con tutti, anche con colui al quale non lo darei mai e poi mai!
L’obiezione: “I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto.” Contro obiezione di Gesù: Ma non avete capito neanche le Scritture! “Non è Mosè che ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero.” La sorgente del dono è Dio. Loro cercano in qualche modo di mettere in difficoltà Gesù, dicendogli: Sei tu o non sei tu il condottiero, il nuovo profeta, il messia atteso che come Mosè si mette alla guida del popolo e lo conduce verso la terra promessa e verso la libertà? Lo sei o non lo sei? Mosè dava la manna. Gesù gli dice, invece, che non hanno nemmeno compreso le Scritture, in quanto non era Mosè che dava la manna! E anche adesso è lo stesso; infatti questo pane disceso dal cielo – dice Gesù – sono io, la mia vita donata. Vedete che neanche leggete con attenzione le Scritture! Qui Gesù fa un po’ il Rabbino, l’esegeta.
A questo punto un po’ si arrendono. “Dacci sempre questo pane.” Adesso vi è la rivelazione piena di Gesù: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!” Perché? Perché questo cibo che io do è di un'altra qualità! Quando noi mangiamo il pane, dopo, abbiamo bisogno di continuare a mangiare, mentre c’è un cibo che sazia definitivamente la fame di infinito, la fame di Dio, il desiderio di Dio e questo cibo è Gesù, la Sua vita in noi! Ecco: noi ci troviamo di fronte al fatto che la fraternità è la proposta forte di Gesù che, forse ancora oggi, è tutta da riscoprire. Gesù ci ha fatto il dono di renderci tutti fratelli perché figli di un unico Padre: una fraternità universale, che riesca ad essere più forte delle paure dell’altro, delle paure del diverso che oggi avvertiamo come una paura preoccupante, dilagante ed anche eccessiva; una paura alimentata, la paura del diverso, dello straniero. Però c’è anche, in queste parole di Gesù, un concetto importante per tante situazioni che stiamo vivendo, di prevaricazione sull’altro, e dentro le quali possiamo mettere tanti fenomeni che stiamo vivendo adesso, come il fenomeno della pedofilia. Papa Francesco ha usato delle parole durissime contro questa piaga – tolleranza zero a riguardo – in quanto nel passato, qualche volta, aveva avuto compassione e perdono verso qualche sacerdote che si era macchiato di questo peccato e che si era pentito, salvo poi vederlo ricadere nell’errore: ecco che il Papa riconosce questo suo errore e si propone di non farlo più. Parole gravissime! Ma pensate anche a tutte quelle forme di prevaricazione, come la violenza sulle donne, che si scaglia, a volte, anche contro i figli per colpire i genitori: l’altro sembra essere un mio possesso! La vita dell’altro devo gestirla io! Tutte queste prevaricazioni hanno un po’ questa radice.
Il pane che Gesù ci dona, quindi, è prezioso anche per questo, perché ci rende tutti fratelli, tutti con pari dignità! Nessuno rimane fuori, nessuno rimane escluso, nessuno viene trascurato o conta meno dell’altro agli occhi di Dio. Ci restituisce il fondamento di questo rispetto profondo dell’altro, della sua vita, che non deve essere mai violata, in nessun modo, in nessuna forma! Ecco: Io sono il pane della vita! Questo pane ci dà questa vita e ci rende custodi di essa e noi dobbiamo amarla e custodirla come Gesù stesso la ama e la custodisce: la vita mia, la vita tua e la vita di tutti!

Don Marco Casale

Casa San Carlo – Bizzozero

Trascrizione non rivista dall’autore 

 

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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