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Foto Raffaele Coppola: L'interno della chiesa di Santa Maria Maddalena

Approfondimento del Vangelo di domenica 22 gennaio a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione proposto ogni venerdì sera alle ore 21.00, presso la chiesa di S. Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 20 gennaio 2017:

  

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

III Domenica dopo l’Epifania​
​Lc 9, 10b – 17


10Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. 11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. 12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.


La moltiplicazione dei pani è un altro dei segni che la liturgia ci presenta per farci conoscere chi è Gesù; abbiamo iniziato la sequenza con l’Epifania, poi con il Battesimo di Gesù e le nozze di Cana, per arrivare fino a questo segno, che è uno dei più conosciuti e più citati. Gesù compie questo “segno” che, secondo il Vangelo di Luca, è avvenuto una volta – gli altri Evangelisti, invece, ci raccontano più redazioni di questo segno della moltiplicazione dei pani – ed in particolare, rispetto agli altri sinottici, l’Evangelista Luca ci sottolinea questa espressione di Gesù: “Voi stessi date loro da mangiare.” C’è un invito di Gesù che appare paradossale: come si fa a dare da mangiare a cinquemila persone con soli cinque pani e due pesci? Allora ecco che la prima tentazione dei discepoli è quella di risolvere il problema comprando la soluzione - “a meno che non andiamo noi a comprare viveri.” Gesù, invece, vuole che i suoi discepoli comprendano l’essenziale, che è la logica del “dono” che “moltiplica” e li invita a non cercare la soluzione in una logica di tipo commerciale, a non pensare che tutto sia comprabile, tanto più nelle questioni che riguardano la fede. Però questa tentazione - Gesù lo sapeva bene – è sempre presente: la tentazione di pensare che le possibilità economiche sono la via per la soluzione dei problemi, anche dei problemi che riguardano la Chiesa e la diffusione del Vangelo. Per questo Papa Francesco torna sempre, ripetutamente, sulla necessità di una Chiesa povera per i poveri, cioè una Chiesa che sa che il suo cuore pulsante, generativo è la cultura del dono: da qui noi nasciamo e questa logica del dono va custodita perché non si corrompa. La potenza del dono d’amore è il nostro segreto da custodire e da difendere, perché non entrino altre logiche di tipo commerciale. Allora i discepoli vengono chiamati da Gesù “in disparte” in ritiro. Essi stanno facendo una sorta di ritiro con Gesù in cui sono chiamati a raccontare tutto quello che hanno fatto, a raccontare esperienze di Vangelo vissuto, di apostolato, di annuncio della fede: le cose accadute, le difficoltà incontrate, momenti di condivisione della fede, ma nei termini del racconto. Invece, quando noi parliamo della fede lo facciamo, il più delle volte, nei termini di definizione teologiche oppure con delle frasi, quasi a guisa di proverbio, che ci danno delle risposte già precostituite ad alcuni quesiti della fede, quasi che si possa parlare della fede e si possa dare risposta alle domande che riguardano la fede senza che io che rispondo ne sia coinvolto. Non si può parlare della fede senza raccontare la tua esperienza di fede, se non testimoniando la fede! La fede non è una filosofia, un ragionamento convincente in prima battuta. La fede non è la risposta ai quesiti che la vita ci pone, quasi che riguardassero gli altri; la fede è la risposta ai tuoi quesiti esistenziali!
Allora la fede, prima di argomentarla e prima di spiegarla la devi raccontare: devi raccontare come la vivi, che emozioni ti suscita, che difficoltà incontri, in che modo ti trasforma interiormente, quali contraddizioni ti ha fatto sperimentare, quali domande nuove ti ha fatto incontrare, quali orizzonti ti ha aperto? In che modo ti stai appropriando della tua fede, facendo sempre più tua la fede nel Signore Gesù? In che modo stai sempre più lasciando entrare Gesù nella tua vita? Raccontalo! Trova un luogo in cui raccontare ed ascoltare il racconto degli altri! E’ questo il contesto in cui Gesù moltiplica il pane: un contesto di condivisione della fede!
Se tu condividi la fede condividi anche il pane, ed è la condivisione che moltiplica ”voi stessi date loro da mangiare” Date quello che avete, cinque pani e due pesci: cinque più due fa sette, quindi la totalità, la pienezza, non vi manca niente! Ma che cosa avete? Avete la pienezza di una ricchezza materiale? No! Avete la pienezza di una fiducia delle potenzialità del dono – quello che ho lo dono – solo così si moltiplica! Altrimenti il dono muore nelle mani di chi lo trattiene, si inaridisce e muore nelle sue mani! Questi cinquemila uomini sono l’allusione alla Chiesa primitiva, sono i primi che aderiscono alla fede, quelli che troviamo nel racconto degli Atti degli Apostoli, il seguito del Vangelo di Luca. Gesù chiede ai discepoli di farli sedere a gruppi di cinquanta. La fede trasforma la folla indistinta in un popolo ordinato, non solo nel senso materiale, ma ordinato nel senso di “orientato” a Lui, un popolo che trova il suo centro, il suo principio di ordine in Lui! Un popolo che trova in Lui la pietra su cui costruirsi, su cui edificarsi, su cui strutturarsi, ordinarsi, mettendo Lui al centro, a fondamento. Gesù li fa sedere, come dire che il Regno è il luogo della serenità, della convivialità con i fratelli, il luogo in cui cenare insieme, seduti, come in famiglia. E così questa moltiplicazione dei pani diventa un’anticipazione delle Cena Eucaristica, e Gesù compie – lo vediamo attraverso i verbi usati in questo episodio – proprio tutte quelle azioni che compirà nell’ultima Cena: presenta i pani ed i pesci – lì il pane ed il vino – alza gli occhi al cielo, li benedice, li spezza, li dà loro perché li distribuiscano a tutti! Sono tutti verbi dell’Eucarestia, dell’Ultima Cena. Questo pane è il pane della vita, perché è il pane della fede, il pane della fraternità, il pane della condivisione, del dono e quindi è il pane che genera una comunità fondata su questo fondamento! “Tutti furono sazi”: è l’esperienza della sazietà! Il nostro cuore è inquieto, dice S. Agostino, perché Tu ci hai fatti per te ed il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te, non si siede in te e finché non si nutre di te! Solo in Te trova la pace; solo nell’incontro con Te trova la pace; solo nel saziarsi di Te trova la pace. Questa esperienza di pace, del riposo spirituale è ciò che il nostro cuore desidera! Possiamo chiedere al Signore, questa sera, la grazia di farci vivere questa esperienza di riposare in Lui, dell’essere saziati da Lui, di quella sazietà che rende felici e toglie l’inquietudine. Lui placa le nostre ansie, sazia i nostri desideri, placa le nostre inquietudini. Lui ci dà il riposo “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” La preghiera, l’Eucaristia ci dà questa forza: la pace vera, la pace sensibile, la pace profonda, una pace spirituale e fisica, interiore.
“Portano via i pezzi avanzati.” Non è come la manna nel deserto! La manna era un cibo donato da Dio che doveva educare il popolo di Israele alla fiducia in Lui, all’esperienza quotidiana della fiducia in Lui. Infatti ogni giorno la manna avanzata doveva essere buttata via, come dire che era contro la logica dell’accumulo, perché accumulare era una mancanza di fiducia in Lui. Qui, invece, c’è più della manna, perché il cibo donato da Lui è sovrabbondante e può e deve essere conservato, perché se ne possa cibare anche l’infermo e l’ammalato, perché questo cibo conservato sia segno della presenza continua di Dio in mezzo a noi – per questo conserviamo l’Eucarestia nel tabernacolo; per questo noi facciamo l’adorazione Eucaristica. Questo cibo è conservato anche e soprattutto per poter essere offerto agli infermi ed agli ammalati “Egli prese a parlare loro del Regno di Dio ed a guarire quanti avevano bisogno di cure.” E’ un cibo per l’ammalato e per l’infermo! O ne abbiamo avuto un’esperienza diretta o forse l’abbiamo vissuto nelle persone che conosciamo, parenti o amici, ma di certo possiamo constatare quanto questo cibo possa essere di conforto per l’ammalato, per l’infermo! Il momento della malattia e dell’infermità o la prossimità della morte spesso accresce il desiderio di questo cibo, lo fa desiderare con particolare intensità, ed esso sazia, consola! La moltiplicazione dei pani ci svela, allora, un altro aspetto della persona di Gesù: Egli è venuto a donarci questo cibo e ce lo ha donato non solo quella volta ma ce lo dona continuamente e ci invita a saziarci di questo cibo. Questo cibo, però, non è fine a se stesso, così come la Messa non lo è, quasi che questo sia un momento in cui estraniarsi dalla realtà, per poi tornare ad una realtà che, invece, funziona con altre logiche, con la logica dell’economia e non del dono; con la logica della competizione e non della fraternità; con la logica dell’emarginazione del sofferente. Chi si sazia di questo cibo sa che è chiamato a portare questo Regno nel mondo. Sa che questa esperienza del Regno dei cieli, che va facendo, non lo tira fuori dal mondo ma lo mette, anzi, dentro nel mondo però come creatura rinnovata! Non è un’esperienza fuori dal mondo ma è un’esperienza che inserisce, dentro questo mondo, un altro regno: Il Regno di Dio, il Regno dei Cieli! Allora la Messa, il cibarsi di questo Pane, non ci tira fuori dal mondo ma ci spinge dentro il mondo. Ci fa vivere l’esperienza del ritiro, certo, perché in un momento ci tira fuori dal mondo per immergerci nel mistero dell’incontro con Lui, con il Suo cibo, e poi ci ributta dentro nel mondo, per portare, per condividere questa esperienza nel mondo, perché il Regno di Dio sia annunciato!
Chiediamo al Signore che davvero questo cibo ci sazi, ci dia pace, plachi le nostre ansie e ci faccia dono dell’incontro personale con Lui e con il suo cibo di vita eterna.

Don Marco Casale

Chiesa di S. Maria Maddalena – Bizzozero

Trascrizione non rivista dall’autore 

 

  

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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