molina 20190608 COP ingresso

Foto Raffaele Coppola: Fondazione Molina

Ascoltati Bonoldi, Pallino, Bigli, Segrini e Idini.

 


Mercoledì 24 febbraio si è tenuta la quinta e penultima udienza del processo Rete55 - Molina, prima di quella di chiusura prevista per il 14 luglio.

 

Ancora una volta diversi i testi sentiti, convocati prevalentemente allo scopo di contestualizzare l'accaduto.

Sono così intervenuti l'ex Presidente di Fondazione Molina (dal 2018 al 2021) Guido Bonoldi, l'ex Commissario di Fondazione Molina (in maniera discontinua dal 2016 al 2018) Carmine Pallino, il consulente finanziario (consulente del Molina dal 2006 al 2016) Enrico Bigli, l'ex Direttore Generale del Molina (sino al 2016) Andrea Segrini, e Pierantonio Idini amministratore di Silk Road, società che avrebbe dovuto acquisire il controllo di Rete 55.

Confermato dunque lo scenario economico di una Fondazione Molina con in pancia una significativa liquidità (circa 10 milioni di euro), in gran parte sui conti di due banche MPS e Veneto Banca, che nel 2015 finirono sotto i riflettori per il rischio di insolvenza, da qui la necessità di smobilitare tali importi ed impiegarli in attività più sicure e possibilmente remunerative, ma - come ricordato da Segrini e Bigli - mentre in passato si erano privilegiati investimenti in titoli di stato o obbligazioni di pari livello di rischio (e dunque con remunneazione bassa) nel 2015 si scelse di ricorrere a obbligazioni con privati dal profilo di rischio più elevato e con prospettive di remunerazione parallelamente più interessanti (Mata Spa e Rete 55 Evolution SpA), senza peraltro il preventivo coinvolgimento del CdA a causa del poco tempo a disposizione (come riferito da Campiotti nella scorsa udienza), procedura poi abbandonata dal successore di Campiotti, Bonoldi, che ha riferito di un nuovo investimento, ma in BTP e previo passaggio in CdA. Importante poi apprendere che Rete 55 Evolution rispettò tutte le scadenze di pagamento ed anzi rimborsò il prestito anticipatamente, non così Mata, che saltò i pagamenti del 2020, per poi recuperare la situazione nel 2021; Mata che inoltre non ha dato seguito alla richiesta di poter rientrare anticipatamente dal prestito, avanzata dal Molina.

Di diversa valenza invece l'audizione di Pierantonio Idini, manager che tentò l'acquisizione di Rete 55 per conto di un gruppo che vedeva il coinvolgimento di imprenditori australiani e soprattutto di un gruppo cinese, controllato direttamente dal governo di Pechino. Idini ha riferito di come l'operazione prevedesse la creazione di una tv nazionale se non europea, a vocazione economica, che avrebbe dovuto avere sede a Gornate Olona, con positive ricadute sul territorio, nell'ambito dello sviluppo della "via della seta", il mega progetto del gigante asiatico per lo sviluppo dell'economia tra Europa e Cina, onde poter avere adeguata rappresentanza mediatica in un paese strategico come l'Italia per la realizzazione dell'ambizioso progetto. Da qui una lettera d'intenti e una caparra da 100.000 euro, ma anche la necessità di sanare il quadro economico dell'emittente da acquisire, necessità da cui derivò il prestito. Il tutto però saltò quando i rappresentanti cinesi vennero a sapere dell'interessamento della magistratura per l'emittente. Un quadro utile alla tesi della difesa, che sostiene come tutto il caso non sia altro che il frutto di una vendetta del centrodestra locale, nei confronti di esponenti di spicco (Airoldi e Campiotti) di quell'area di centro che avrebbe determinasto il successo del centrosinistra a Varese nel 2016, pochi mesi prima dell'esplodere del caso.

Il 14 luglio dunque l'ultima udienza con intervento di accusa e difesa, e poi la sentenza.

Ne hanno parlato: La Prealpina (Giovedì 24 febbraio p15), Malpensa24, VareseNews

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