Foto Mario Bianchi: La facciata di Casa San Carlo con la caratteristica meridiana

Approfondimento del Vangelo di domenica 20 ottobre a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione sul Vangelo domenicale, proposto ogni venerdì sera alle ore 21 presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 18 ottobre 2019:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

Domenica della Dedicazione del Duomo di Milano​
​​​Lc 6, 43 - 48​​​

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
46Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? 47Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: 48è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene».

Per la liturgia Ambrosiana la terza domenica di ottobre ricorre la Dedicazione del nostro Duomo che è avvenuta, appunto, la terza domenica di ottobre del 1577, quando San Carlo consacrò il Duomo, 442 anni fa e quindi noi oggi ci sentiamo Chiesa attorno al Duomo, che è la Cattedrale, sede del nostro Vescovo: Chiesa unita attorno al suo Vescovo, successore degli Apostoli. Oggi, quindi, abbiamo la possibilità di approfondire il nostro essere Chiesa: spesso, quando si parla di Chiesa si pensa al Vaticano e al Papa, che certo è un riferimento universale, il pastore di tutti, ma la chiesa c’è lì dove c’è un vescovo ed una comunità radunata attorno a lui. Questa dimensione della Chiesa locale, in questo pontificato, è stata fortemente valorizzata, senza togliere nulla al Papa ed alla sua funzione di unità per tutta la cattolicità, ma questa, allo stesso tempo, non deve togliere valore alla chiesa locale, alla chiesa radunata attorno al suo Vescovo. Questo approfondimento dell’essere Chiesa ci porta ad incontrare queste due immagini che Gesù oggi ci regala: la prima è quella dell’albero e la seconda è quella della casa.
Nella prima immagine, quella dell’albero, Gesù fa una considerazione di immediata comprensione: La qualità di un albero si riconosce dai frutti! Se i frutti sono buoni, commestibili, allora quello che li ha prodotti è un albero buono, ha qualcosa di buono per te, di cui tu puoi nutrirti; invece l’albero è cattivo se produce frutti che non sono buoni, commestibili o che, addirittura, sono velenosi. Da questa semplice considerazione Gesù ne trae un criterio di valutazione, anche per quanto riguarda noi uomini: Da che cosa si riconosce la qualità di una persona? Dai frutti, cioè dalle opere, da ciò che fa. Questi frutti – che sono le opere - nascono dal cuore, così come il frutto dell’albero nasce dalla natura dell’albero: da un rovo non può nascere uva, per rimanere all’immagine proposta dalla pagina di Vangelo. Dalla vite viene l’uva! Dalla natura di quell’albero viene quel frutto e non un altro e quindi dal cuore di quella persona viene quel frutto: Se uno ha un cuore buono verranno fuori frutti buoni, opere buone. Allora l’invito è ad andare al cuore perché da lì viene fuori quello che la persona è e quello che la persona fa.
In questa immagine che è posta al termine del discorso della pianura – che è il corrispondente al discorso della montagna del vangelo di Matteo – l’evangelista fa un po’ una sintesi a chiusura di questo discorso in cui ci ha parlato soprattutto della misericordia e al centro di questo discorso c’è questa espressione: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” – quello che Matteo dice con un’altra espressione: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro.” E’ importante questa precisazione di Luca, perché ci si deve chiedere: Di che tipo di perfezione si tratta? Si tratta di una perfezione nella misericordia, nella capacità di amare come Dio ama, con un amore misericordioso. Allora i frutti che Dio si attende sono questi: Frutti di misericordia che nascono da un cuore misericordioso, da un cuore che si è lasciato ricolmare dalla misericordia di Dio ed ha imparato ad essere misericordioso; da un cuore che si è plasmato sul cuore stesso di Dio ed ha imparato da Lui che cos’è la misericordia ed ha imparato a compiere opere di misericordia. L’invito di Gesù, quindi, è quello che l’evangelista Matteo ci propone al capitolo 25 con le sei opere di misericordia.
Nella seconda immagine abbiamo la casa, una casa che è solida perché ha delle fondamenta solide. Chi ha costruito questa casa “ha scavato molto profondo ed ha posto le fondamenta sulla roccia” cioè ha scavato in profondità finché, sotto la terra, ha trovato la superficie solida, la roccia e lì ha appoggiato le fondamenta. L’immagine fa riferimento al fatto che anche noi siamo chiamati a costruire questa casa, che è la nostra vita – la vita è una casa in costruzione – la casa si costruisce a partire dalle fondamenta ed allora dobbiamo chiederci: Qual è il fondamento su cui costruire la mia casa? Il fondamento è la Parola del Signore, Gesù stesso, però dicendo così non avremmo ancora detto tutto perché l’insegnamento di Gesù è chiaro: “Chi ascolta le mie parole e le mette in pratica!”
Allora il fondamento di questa costruzione che è la nostra vita che cos’è precisamente? E’ la parola di Gesù ascoltata, accolta nel cuore e messa in pratica! Questa è la roccia. La parola ascoltata, lasciata penetrare nel cuore e messa in pratica, perché se questo cuore è pieno delle parole del Signore e sulle parole del Signore si è plasmato, ad imitazione del cuore di Gesù stesso, allora ne vengono fuori le opere buone, plasmate sul cuore di Gesù.
Vedete, allora, come Gesù parla del fiume che investe questa casa, fiume che è rappresentato dagli imprevisti, dalle disgrazie, dalle sciagure, dalle prove che investono la vita, ogni vita? E come è possibile che la vita non sia spazzata via da queste prove? E’ possibile solo se le fondamenta sono salde! A volte noi fraintendiamo e, se arriva la piena del fiume, noi ci chiediamo: Gesù, dove sei? Perché non ci hai protetto dalla piena del fiume? Gesù, invece, qui non si pone neanche il problema. La piena del fiume fa parte della vita e Gesù non è venuto a costruire dighe perché non avvenissero più le piene. Gesù è venuto a dirci - di fronte alla piena del fiume, che fa parte della vita umana, quella piena che ha travolto anche la stessa vita di Gesù perché è esperienza di ogni uomo - non che ci avrebbe sottratto alla piena, ma per dirci come si resiste alla piena, come si costruisce una casa che resiste alla piena! Ecco perché, allora, nella prova ci si aggrappa a questo solido fondamento, che è Gesù ma stando attenti a non cadere in questa ambiguità di un Gesù evocato solo nominalmente “Gesù, Gesù” e non di un Gesù amato, ascoltato, obbedito, la cui parola è lasciata penetrare nel cuore e vissuta nella concretezza delle scelte della vita: Questa è la casa solida che resiste alle piene del fiume, che non viene spazzata via! Sentiamo quanto sono importanti queste parole di Gesù, queste indicazioni che Gesù ci dà ed oggi, per prepararci a questa domenica della Dedicazione del Duomo, possiamo interrogarci, non solo a livello personale ma anche come chiesa, facendo un esame di coscienza, riguardo alla qualità del nostro ascolto della parola di Gesù, del nostro metterla in pratica, lasciando che sia la parola stessa a condurci. Questa opera che Gesù ci chiede non è un’opera nostra, comprendiamolo bene questo! Infatti Gesù ci chiede di lasciare che lui operi in noi, trasformando il nostro cuore, attraverso l’ascolto della sua parola; ci chiede che noi apriamo bene le orecchie; ci chiede che noi non opponiamo resistenza all’opera della sua parola in noi; ci chiede di fidarci di quello che la parola è in grado di operare dentro di noi trasformando il nostro cuore.
Quindi possiamo fare a livello personale questo esame di coscienza, ma possiamo domandarci anche come chiesa – da lì siamo partiti – quali sono le esperienze di chiesa che facciamo? Se da una parte la chiesa vive di questa certezza “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” Mt 16 – sono le parole di Gesù a Pietro, la pietra, la roccia appunto – dall’altra parte questo non significa che ogni esperienza di chiesa ed ogni scelta che noi facciamo sia destinata a durare in eterno! Ci sono esperienze di chiesa che passano, che il flusso della vita si porta via, che la piena del fiume si porta via! Questo che cosa ci chiede? Ci chiede di domandarci se, delle scelte di chiesa che noi facciamo, delle esperienze di vita di chiesa che facciamo quali sono davvero fondate sulla roccia? Quali dobbiamo meglio radicare su questa roccia? A volte è bene lasciare che il flusso della vita si porti via delle esperienza della chiesa che, forse, non erano così conformi alla sua parola. Non dobbiamo rammaricarci troppo di questo, anzi! Questo ci dà l’opportunità di capire da dove dobbiamo ripartire! - Forse tu, Signore, con questa prova nella quale ci metti, con questa esperienza di impoverimento che ci fai fare, forse ci stai dicendo, ancora una volta, di fidarci di più di te, di fondarci di più su di te, su quello che tu ci dici e non su quello che sono i nostri progetti che sono sempre inadeguati, insufficienti, ma di fondarci sui tuoi progetti. - C’è, allora, nella Chiesa un’esperienza di trasformazione che può diventare esperienza di purificazione che ci può spaventare – ci guardiamo attorno e ci diciamo che siamo sempre meno – oppure, ascoltando una parola come questa, abbiamo solo un modo per salvarci: Radicarci più saldamente su questa roccia che è Cristo, sull’ascolto fedele della sua parola, messa in pratica, ogni giorno, vivendo la gioia del suo vangelo ed insegnando agli altri a fare altrettanto. Il resto lasciamolo andare via, lasciamo che il fiume della vita se lo porti via ma rimanga questo ancoraggio a Lui.
Il Signore ci doni di interrogarci con libertà di cuore riguardo alla nostra esperienza personale e di chiesa alla luce della sua parola.

Don Marco Casale
Casa San Carlo – Bizzozero
Trascrizione non rivista dall’autore

 

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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