|
LA PAROLA IN MEZZO A NOI
V domenica di Quaresima Gv 11, 1 – 53
Il Vangelo della resurrezione di Lazzaro, nella V domenica di quaresima, proprio alle soglie della settimana santa, ci racconta dell’ultimo grande segno - secondo il vangelo di Giovanni – che Gesù compie prima della sua passione, morte e resurrezione. Quindi è come un grande anticipo di quello che avverrà nella pasqua e Gesù, in questo brano, si mostra come il Signore della vita. La fede di Marta, la fede che Gesù suscita in lei, è la fede che Gesù vuole suscitare anche in noi. C’è, nel racconto di Gesù che torna a Betania – non era la prima volta che lo faceva – quasi la sensazione di un ritorno a casa, tra gli affetti di Marta, che è colei che serve, che si dà da fare, di Maria, che è colei che ascolta e di Lazzaro, che è l’amico fedele: un contesto in cui Gesù tornava sempre volentieri perché Gesù amava molto rifugiarsi nell’amicizia e nei rapporti di amicizia. In questo contesto di una piccola comunità di fratelli che sono profondamente legati a lui, che lo hanno riconosciuto come maestro e che hanno creduto in lui manca, però, ancora una cosa: Una fede piena in lui come resurrezione e vita, in lui che dona la vita eterna. Anche qui c’è da domandarci se questa piccola comunità di Betania, in fondo, non assomigli anche alle nostre comunità, dove si sente il bisogno di suscitare questa fede nel Signore Gesù che è resurrezione e vita?! Sentiamo il bisogno, anche noi, ciascuno di noi, mentre il Signore ci domanda: “Credi tu questo?” di domandarci seriamente, profondamente: Qual è la mia fede nel Signore Gesù resurrezione e vita? Gesù è vivo, anzitutto, nella sua umanità, nel suo modo di vivere l’amicizia; Gesù è vivo in questa sua grande attesa nell’andare a Betania – “sono contento di non essere stato là, affinché voi crediate” – C’è un Gesù che ha profondamente a cuore la fede dei suoi amici e non lo nasconde e c’è un Gesù che è preso da un fremito di fronte alla morte di un amico – di fronte alla morte di un caro amico non si può che provare dolore e sentire questa lacerazione – ed anche il figlio di Dio l’ha provato questo sentimento. Di fronte alla morte che tutti ci attende, di fronte alla morte di una persona cara, non si può che provare dolore, di fronte all’ennesima vittoria della nostra prima nemica, la morte. Come non vedere tutta la pienezza di vita di Gesù quando è di fronte alla tomba dell’amico Lazzaro che grida, con voce chiara e forte e con piena fiducia in Dio, il Padre, che lo ha già esaudito: “Lazzaro, vieni fuori!” E’ un uomo vivo, pieno di vita, della vita stessa di Dio e che è venuto per trasmetterci questa vita, questa vitalità, questo amore per la vita, questo desiderio di trasmettere la vita, questo desiderio di vincere la morte! Il Cantico dei Cantici dice: “Forte come la morte è l’amore” e noi qui potremmo dire: Più forte della morte è l’amore con il quale Gesù ci ha amati, più forte! E’ sua l’ultima parola, non della morte. Mettendoci nei panni di Marta, di Maria, di tutti gli altri discepoli, anche noi potremmo dire - di fronte alla morte di una persona cara - che certamente, se Gesù fosse stato lì, nostro fratello non sarebbe morto! Sono domande che nascono dal cuore, sono domande suscitate dal dolore di una perdita e sono domande che contengono anche un’invocazione: “Se Tu fossi stato qui! ... Ma anche ora sappiamo che possiamo confidare in te!” Ma dal dolore della separazione nasce una invocazione al Signore, che è già un inizio di fede. Non è ancora la fede pasquale, ma quando il dolore noi riusciamo a trasformarlo in una invocazione, lì ha inizio la nostra fede! Dall’altra parte ci sono i sadducei, quelli che sono i sacerdoti del tempio, ed i farisei, cioè quelli che facevano parte del sinedrio, questa classe che Gesù chiama i Giudei – che, quindi, non sono tutto il popolo ma questo gruppo di persone che detenevano il potere religioso e politico – che, invece covano l’odio ed il proposito di ucciderlo. Vediamo, quindi, l’amore e l’odio, la vita e la morte che si alternano così drammaticamente, ma questo è lo scenario della vita, della nostra vita, degli uomini. Qui è forte il contrasto, ma in fondo sempre questo contrasto lo sentiamo sulla nostra pelle! D’altra parte come possiamo pensare che i Giudei potessero avere un atteggiamento diverso nei confronti di Gesù? Lui che li ha chiamati “sepolcri imbiancati” “guide cieche”; li accusati di aver preso il posto di Dio, di aver sovvertito la legge di Mosè; li ha accusati di aver scritto loro stessi una legge e di averla messa al posto della legge di Dio? Cosa potevano fare questi Giudei se non reagire così, chiusi nella loro logica di potere? D’altra parte Gesù non è venuto per andare a braccetto con i poteri di questo mondo e non è venuto per cercare il consenso. Anche qui Gesù non cerca il consenso: Suscita la fede! Non cerca di capire che cosa può far piacere agli altri, per dargli ciò che può far loro piacere e per comprarseli: No! Gesù vuole suscitare in loro la fede in Dio suo Padre! Vuole che loro possano arrivare ad avere la stessa fiducia nel Padre che ha lui, la stessa certezza in questa comunione profonda che lo lega al Padre - ciò che vuole il Padre è ciò che vuole lui perché ciò che vuole lui è ciò che vuole il Padre. In questa profonda sintonia tra la volontà del Padre e la sua Gesù sente di poter essere certo che il Padre lo esaudisce sempre. Ecco, allora, cosa significa “Dio della vita”: è Dio che ci dona la sua stessa vita nella vita del suo Figlio Gesù, donandoci la vita del Figlio Gesù, perché la sua vita viva in noi e perché noi viviamo in Lui e perché noi viviamo da risorti la vita eterna, perché viviamo senza la paura della morte - che sappiamo non avere l’ultima parola - e viviamo nell’amore per la vita dell’uomo e di ogni uomo. La vita di ogni uomo va amata e custodita perché la vita dell’uomo viene da Dio e Dio la ama e la custodisce, ogni vita! Ancora una volta questo messaggio di vita è un messaggio universale: Non c’è nessun uomo di cui Dio si dimentica, non c’è nessun uomo per cui Dio è lontano! A ciascuno Egli vuole donare la sua stessa vita affinché possa essere anch’egli, ricevendo questa stessa sua vita, figlio dell’unico Padre.
Don Marco Casale Casa San Carlo – Bizzozero Trascrizione non rivista dall’autore
|
|