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Foto Raffaele Coppola: Scorcio della mostra presso la sala parrocchiale di via Giannone

Dal 21 al 28 ottobre una mostra di grande impatto a Bizzozero.


Nell'ambito della festa patronale della Comunità Pastorale Beato don Carlo Gnocchi di Varese, domenica scorsa, presso il salone comunitario della parrocchia di San Carlo, in via Giannone 11, è stata inaugurata una mostra dal titolo "Fondati sul lavoro?". 

Ai primi visitatori accorsi, l'iniziativa si è subito presentata non solo di grande valore in quanto ai contenuti, ma anche in quanto alle forme, grazie ad un'esposizione curata e davvero professionale; non a caso la mostra ospitata dalla Comunità Gnocchi risulta promossa dal gruppo "Lettera alla città" e Decanato di Varese, vede la collaborazione della Camera di Commercio, della LIUC, di Uninsubria, dell'Associazione Massimiliano Kolbe, di ACLI Varese e di Radio Missione Francescana, e gode del patrocinio di Regione Lombardia, Provincia di Varese e Comune di Varese, con il contributo della Fondazione Unione Banche Italiane per Varese.

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Foto Raffaele Coppola: I primi visitatori della mostra

L'esposizione si articola su alcuni pannelli e contempla anche due audiovisivi che ne vivacizzano la visita, e propone fondamentalmente tre diversi generi di contenuti: alcune citazioni di personaggi famosi relative al mondo del lavoro (come ad esempio la citazione di M.L.King "Se un uomo è chiamato ad essere spazzino di strada, egli dovrebbe spazzare le strade proprio come Michelangelo dipingeva o Beethoven componeva musica ... Siate il meglio di qualunque cosa siate"); alcuni dati sulla disoccupazione ed il suo andamento; alcuni dati ed indicazioni sulle opportunità e sulle prospettive di lavoro; i video invece propongono alcune brevi interviste ad mprenditori del territorio, che illustrano le modalità, e l'atteggiamento con cui hanno affrontato la crisi e con cui si approcciano al lavoro.

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Foto Raffaele Coppola: Scorcio dell'esposizione

Un'occasione per riflettere su quell'attività fondamentale nella vita dell'uomo che tanto peso ha anche nel modellare le relazioni interpersonali e le dinamiche familiari, affinchè da soggetti passivi si possa tornare soggetti protagonisti sia nell'ambito del lavoro, che della propria vita.

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Foto Raffaele Coppola: L'ingresso della mostra

La mostra ad ingresso libero e gratuito è visitabile dal 21 al 28 ottobre dalle 15.00 alle 19.00 nel salone della parrocchia di San Carlo in via Giannone 11.

Di seguito riproponiamo il testo della "Lettera alla città" che ha ispirato la realizzazione della mostra:

 

LETTERA ALLA CITTA’

Siamo i cristiani delle parrocchie varesine, i rappresentanti delle associazioni e dei movimenti ecclesiali che operano nella città. Se oggi scriviamo a tutti i nostri concittadini è perché amiamo Varese e ne condividiamo le gioie e i dolori, le tristezze e le speranze, i problemi d’oggi e il suo futuro. Ma siamo ben consapevoli di vivere un’epoca contrassegnata dalla complessità, dalla frammentarietà, e da quella forma instabile di relazioni che secondo il sociologo Bauman rendono la nostra una società liquida, un’epoca che riesce a sottolineare più la ricerca di garanzie per i diritti individuali, che non a creare forme nuove di vita comunitaria indirizzata al Bene comune. Il dilagare dell’individualismo e la difficoltà di “pensare insieme” il futuro all’interno di orizzonti condivisi desta forti preoccupazioni soprattutto sul destino dei giovani, ai quali la vita sociale sembra di non offrire più prospettive e risposte alle domande fondamentali del vivere.

Per questo, mossi dalla passione per il destino dell’uomo e nella convinzione che la città possa essere ancora luogo di realizzazione di quella che il cardinale Scola chiama “amicizia civica“, abbiamo deciso di rivolgerci con questa lettera ai rappresentanti della società civile, per iniziare un dialogo sul volto di città che desideriamo realizzare nei prossimi anni, chiamando in causa tutti i soggetti che abitano la polis. Nessuno può salvarsi da sé o pretendere di avere in mano la soluzione per tutti i problemi: la sfida del futuro deve riguardarci e impegnarciu insieme, coralmente, per il bene delle persone e della comunità. Siamo convinti, infatti, che la città possa essere ancora un luogo di relazioni significative in cui si incontrano e si confrontano differenti esperienze, che incarnano la molteplicità di identità e culture presenti. Per questo speriamo che possa iniziare un lavoro comune, da cui poter imparare il mestiere di essere uomini e donne, recuperando i tratti fondamentali di un’identità credibile in cui Varese possa riconoscersi come “dimora” per tutti.

Ciò è ancora più decisivo dopo che Varese sembra aver modificato radicalmente alcuni connotati che la definivano in passato: non è più la città giardino funzionale alla sua posizione satellitare che la rendeva la Versailles di Milano, non è definibile come città-bottega di negozi per lo shopping dei clienti svizzeri, rischia di seguire definitivamente la stagione industriale legata all’intraprendenza imprenditoriale di alcuni personaggi del passato, non ha ancora realizzato il modello di città del terziario o di centro di cultura legato alla presenza del polo universitario che pure in questi decenni si è sviluppato ed è certamente una risorsa da valorizzare.

Abbiamo perciò di fronte un orizzonte nuovo, in cui far fiorire le potenzialità che la storia di Varese ha mostrato, simbolicamente rappresentata dal Sacro Monte, meta di pellegrini e turisti, recuperando anche spunti che ci vengono dalla tradizione, che ci parla di una città capace di creare forme associative e iniziative segnate da una straordinaria intraprendenza.
In particolare sentiamo importante riprendere un dialogo su come creare “relazioni buone“, ripartendo anzitutto dalla condivisione dei bisogni reali e lasciando spazio a iniziative capaci di favorire una concreta solidarietà e la possibilità di incontro tra culture diverse.

Muovendo dalla ricchezza di realtà di aggregazioni già presenti, nate per rispondere sia a interessi culturali/educativi sia solidaristico/sociali, proponiamo di sviluppare insieme il metodo di “mettersi in rete” per costruire esperienze di Bene comune, favorendo il nascere di luoghi e ambiti di dialogo e di confronto e creando, se è il caso, anche dei tavoli di lavoro in cui affrontare le principali questioni sul tappeto. Tra queste ci sembrano prioritarie le domande poste dalle principali sfide dei nostri giorni: la sfida del lavoro e dei bisogni concreti e quotidiani di singoli e famiglie, che vanno dal far fronte alle esigenze materiali sino all’urgenza di trovare risposte convincenti alle grandi domande di senso: infatti non si possono separare i grandi temi dell’umano dalla necessità di dare risposta ai bisogni quotidiani, soprattutto quelli legati all’urgenza di creare nuove opportunità di lavoro, inventando anche nuovi modelli organizzativi ed economici.
La sfida educativa: da cogliere come opportunità per il dialogo tra le generazioni, attivando percorsi e luoghi dove i giovani siano protagonisti e gli educatori, intercettando il potenziale umano presente in ogni persona, ma soprattutto la crescita armonica. La sfida dell’accoglienza dell’altro, creando strutture che favoriscano forme di dialogo interlulturale in un tessuto sociale non solo tollerante, ma soprattutto realmente ospitale.

La comunità cristiana varesina può svolgere un ruolo nella crescita di tali processi di reciproca conoscenza e di vicendevole riconoscimento, ed è soggetto che si pone al servizio di una vera integrazione per il bene della persona. Porta in dote i segni di rinnovamento che ha cercato di realizzare negli ultimi anni, nel tentativo di superare le difficoltà del momento che vive anche al suo interno, con nuove forme di organizzazione e di intervento.
Perché questo processo di scambio e condivisione possa iniziare chiediamo che nascano luoghi di incontro che siano l’ambito di un confronto libero e franco; luoghi di autentica laicità, in cui si sviluppi un comune lavoro per trasformare le differenze da problema a risorsa, realizzando i primi passi di un reciproco riconoscimento tra quanti accetteranno di lasciarsi coinvolgere in questa impresa.

 

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