Foto Raffaele Coppola: L'interno della chiesa di Santa Maria Maddalena

Approfondimento del Vangelo di domenica 15 ottobre a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione proposto ogni venerdì sera alle ore 21.00, presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 13 ottobre 2017:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

Domenica della dedicazione del Duomo di Milano
Mt 21, 10 – 17

10Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». 11E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».
12Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 13e disse loro: «Sta scritto:
La mia casa sarà chiamata casa di preghiera.
Voi invece ne fate un covo di ladri».
14Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. 15Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, 16e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto:
Dalla bocca di bambini e di lattanti
hai tratto per te una lode?».
17Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.

La terza domenica di Ottobre è per noi, da sempre, la festa della Dedicazione del Duomo di Milano, festa che per noi è molto importante, dopo il Natale, la Pasqua e le principali solennità dell’anno liturgico. E’ una festa che ci ricorda la comunione della nostra Chiesa intorno al suo Vescovo. Per noi quest’anno poi, ha un significato particolare, perché abbiamo un nuovo Vescovo, Monsignor Mario Delpini, che proprio nell’omelia della messa del suo ingresso, ci richiamava all’importanza della fraternità: La chiesa, cioè, è il luogo in cui esercitarsi nella fraternità, nel vivere rapporti fra di noi come fratelli così come Gesù ci ha insegnato.
In qualche modo questo ci è sembrato, non dico un programma ma, certamente, uno degli aspetti importanti che il nostro Vescovo vorrà portare avanti in mezzo a noi. In effetti la chiesa è, anzitutto, un esercizio di fraternità fra persone che sono queste “pietre vive” secondo l’espressione di san Pietro nella sua prima lettera. La festa del Duomo non è solo la festa di un edificio ma è la festa delle persone che si ritrovano attorno a questo luogo che rende visibile la comunità e la sentono come la festa della comunione e della fraternità fra di loro nel nome del Signore Gesù. Questa Chiesa è come una “casa fra le case”. All’inizio i primi cristiani si ritrovavano nelle case per celebrare la messa – diremmo oggi – cioè per spezzare il pane; poi, dopo l’editto di Costantino per la libertà religiosa, hanno creato degli edifici un po’ più grandi per poterci stare insieme ed in più. Ma questi edifici non vogliono tradire il senso della “casa”: vogliono essere delle case un po’ più grandi, dove possano entrarci tutti. Chi ospita gli amici di solito è quello che ha la casa più grande; quindi nel caso dei cristiani, ci si è adoperati per allargare questi spazi e rendere gli edifici accoglienti per tutta la comunità. Dico questo per non perdere di vista il senso originario di questa festa perché non ci porti ad esprimere altre cose che non hanno a che fare con questo significato originario. Gesù, nel Vangelo che abbiamo letto, arriva nel Tempio, in quest’edificio così importante per la tradizione del popolo ebraico, luogo dell’incontro fra Dio e l’uomo, luogo in cui Dio viene ad abitare ed in cui gli uomini vanno per incontrarlo – significato che anche noi conserviamo oggi in riferimento alle nostre chiese, con riferimento, in particolare, proprio all’incontro con Dio che viene ad abitare in mezzo alle nostre case “il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua tenda, la sua dimora in mezzo a noi” Gv 1, 14.
Il Tempio, quindi, è il luogo in cui Dio scende ed in cui noi possiamo incontrarlo. E se noi possiamo incontrare Dio non è perché noi siamo saliti fino a Lui ma perché Dio è sceso in mezzo a noi. Allora la Chiesa, se vuol mantenere questo suo significato forte di spazio sacro, in cui percepire la presenza di Dio, con i segni che vi sono, col silenzio ed il raccoglimento che favoriscono quest’incontro, deve esprimere il senso della presenza di Dio. Allo stesso tempo, però, deve essere chiesa, cioè “ecclesia” cioè una convocazione, in cui tutti si devono sentire convocati, non i più buoni e i più bravi ma tutti coloro che cercano Dio. Gesù, quindi, entrando nel Tempio, caccia alcune persone mentre altre le accoglie. Quale criterio segue? Non segue il criterio secondo cui i prediletti sono quelli che meglio osservano la legge di Dio o coloro che ritengono di osservare meglio la legge di Dio, ma i prediletti sono altri, i piccoli ed i poveri. Più precisamente Gesù scaccia coloro che vendevano e compravano, quindi coloro che nel tempio fanno entrare il proprio personale interesse, coloro che nel tempio ricercano la propria carriera, il loro personale successo – persone che erano accettate e per le quali nessuno si era preoccupato di chiedersi cosa ci facessero dentro il tempio, neanche quei capi, quei sacerdoti e scribi che, invece, si erano scandalizzati per il grido di Osanna al Figlio di Davide fatto in onore di Gesù, parole che loro consideravano una bestemmia. Ma questi sacerdoti cosa facevano quando vedevano i venditori nel tempio? Non si accorgevano? Perché non intervenivano? Perché questo guardare senza vedere, questo vedere senza guardare? Li vedono ma non li guardano: non si rendono conto che sono fuori posto, che c’è qualcosa che stride? Questa è una casa di preghiera, non una casa del commercio! Loro guardano ma non vedono, non scrutano nei cuori, non vedono l’ingiustizia, non vedono la dissonanza con il significato di quel luogo, come invece Gesù lo vede! Gesù allora li caccia perché non c’è posto per loro nella casa del Padre suo perché non vivono da figli, non vivono da fratelli, non cercano Dio ma cercano se stessi.
Gesù, invece, accoglie i ciechi, gli storpi e li guarisce; si prende cura dell’uomo sofferente. La sofferenza dell’uomo è accolta da Dio attraverso Gesù. La chiesa, quindi, è il luogo in cui prendersi cura, cioè curare le infermità, le sofferenze, quelle spirituali, quelle fisiche e quelle morali!
Rispetto ai fanciulli Gesù cita il salmo 8 “dalla bocca dei bimbi e dei lattanti hai tratto per te una lode!” I bambini, i piccoli lo riconoscono: Riconoscono in Lui il Salvatore che Dio ha mandato, il Suo Messia. Coloro che, invece, avrebbero dovuto riconoscerlo per competenze e conoscenze – gli adulti, i maestri, i sacerdoti – non lo hanno riconosciuto: i bambini, si! Ecco perché nella chiesa, al primo posto, ci devono stare i bambini e gli ammalati! Questo è importante perché la misura del proprio sentirsi a casa nella chiesa non è la propria bontà di cuore o la saldezza della propria fede, di chi crede di poter stare lì perché è buono e giusto, perché osserva i comandamenti di Dio – come il fariseo della parabola che si loda di quello che è e che fa, invece di essere come il pubblicano che sta in fondo e si batte il petto chiedendo pietà a Dio. Nella chiesa, allora, come si entra? Con l’umiltà o con l’arroganza? Cercando Dio o cercando se stessi? Affermando se stessi o facendo spazio agli altri, ai piccoli, ai poveri, agli ammalati, ai bisognosi? Questo è un punto importante e Gesù non lascia spazio ad equivoci! Il comportamento di Gesù fa uscire in modo chiaro l’ipocrisia dei sacerdoti, degli scribi, ipocrisia che è un po’ sempre presente ed ha sempre bisogno di essere smascherata.
Avete seguito Papa Francesco in visita a Bologna? Il cardinale di Bologna ha disposto che il Duomo della sua città diventasse, in questa occasione, come è già successo anche nel nostro Duomo di Milano, un luogo in cui accogliere i poveri, gli affamati della città perché in quel giorno non andassero nelle mense sparse nei quartieri ma fossero accolti nella casa di Dio. Subito ci si è interrogati: Perché questo gesto? Papa Francesco non si tira mai indietro quando si tratta di darci dei messaggi importanti. Era proprio necessario ritrovarsi lì, nella Cattedrale? Questo gesto tocca profondamente la nostra coscienza di credenti! La chiesa che luogo è? Che cosa ci si fa e per chi è? A cosa serve? Chi è convocato? Chi è il prediletto? C’è stato chi ha apprezzato, è andato ed ha ringraziato di questo forte gesto di accoglienza dei poveri, nella casa di Dio, dove i poveri sono i prediletti – qualcuno dirà che quello non è il luogo appropriato proprio per certe cose ma che quello di Bologna è stato un evento eccezionale per dare un segnale forte, ma solo per quella volta, perché quella non è l’ordinarietà delle cose; ma certo quella volta che serve per farci capire qualcosa, un gesto simbolico che serve per farci capire qualcosa, per risvegliare le nostre coscienze. Qualcun’altro, invece, ha reagito in modo diverso, dicendo che il Vescovo ha “dissacrato” la cattedrale; il Papa ha dissacrato la cattedrale! Vedete come questo fatto interroghi la nostra coscienza e fa venire fuori le ipocrisie? I gesti simbolici ci fanno venire allo scoperto! Ma che cos’è davvero la Chiesa? Chi è convocato e chi è al primo posto nel cuore di Dio, nella sua casa? Sembra di sentire ancora le parole dei farisei che rimproveravano Gesù perché, guarendo di sabato, dissacrava il giorno di sabato, il giorno del riposo! E Gesù controbatteva dicendo: Il giorno del riposo di Dio è fatto per dare la vita o per la morte? E’ fatto per guarire o per lasciar morire? Allora guarendo nel giorno di sabato sto tradendo la volontà di Dio o sto esprimendo la sua volontà? Se io nel Tempio, nel luogo dell’incontro fra Dio e l’uomo, metto simbolicamente, per quella volta i poveri al primo posto - dicendo che questo spazio è per loro e per la loro fame, per non lasciarli almeno un giorno da soli nelle mense, lontano dai nostri occhi, ma mettendoli al centro dell’attenzione, per vederli bene, per guardarli negli occhi, per riconoscerli, per dire che ci sono cari, che non sono lo scarto della società ma che sono al primo posto nel nostro cuore e nelle nostre attenzioni perché sono al primo posto nel cuore e nelle attenzioni di Dio - io ho fatto la volontà di Dio, l’ho attuata!
Questo Vangelo, allora, ci invita a metterci in sintonia con il cuore stesso di Dio e con il modo con cui Lui vuole che la sua casa sia accogliente, con il modo con cui Lui ci aiuta a capire che coloro che sono presenti con comportamenti che non vengono rimproverati, pur non essendo graditi a Dio, che però non si vedono, non si notano, o che si vedono ma non si guardano, non si riconoscono perché la coscienza è un po’ addormentata su questo punto, e tollera certi comportamenti che Dio non tollera e non vuole mentre si mostra più incerta su altre scelte ed altri atteggiamenti in cui, invece, Gesù è stato chiarissimo. E’ proprio un invito a sintonizzare la nostra sensibilità con la sua, le nostre priorità con le sue, il nostro sguardo con il suo, le nostre scelte con le sue, la nostra volontà con la sua cosicché il nostro Tempio possa essere davvero la casa di Dio, l’incontro fra Dio e l’uomo.

Don Marco Casale

Casa San Carlo – Bizzozero

Trascrizione non rivista dall’autore

 

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.


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