Foto Raffaele Coppola: L'interno della chiesa di Santa Maria Maddalena

Approfondimento del Vangelo di domenica 1 ottobre a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione proposto ogni venerdì sera alle ore 21.00, presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica. 

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 29 settembre 2017:

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

V Domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore
Mt 22, 34 – 40

34Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti

Questo testo arriva al culmine della diatriba di Gesù con i Farisei, i Sadducei, i Dottori della Legge che cercano in tutti i modi di farlo cadere in errore ma che soprattutto cercano di staccarlo dalla gente che in realtà apprezza tutto quello che Gesù dice e fa e lo segue ed è questo che, più di ogni altra cosa, li irrita, perché Gesù toglie loro il consenso del popolo, minando alla radice il loro potere.
La domanda che gli fa un dottore della legge è una domanda fatta non per capire, per conoscere ma per trarre Gesù in inganno, per fargli un trabocchetto: non è una domanda onesta e questo dottore della legge non è un uomo che cerca, che vuole capire, che si interroga sinceramente ma è solo uno che vuole far cadere Gesù, che vuole trarlo in inganno e farlo cadere. Di per sé la domanda era pertinente: “Maestro, nella Legge qual è il grande – cioè il più grande, il primo – comandamento?” Era una domanda che ci si poneva al tempo di Gesù, perché i precetti erano così tanti che ci si perdeva e non ci si orientava. E’ una domanda che anche oggi potrebbe essere di attualità: Fra tutti gli insegnamenti della Chiesa qual è il primo, il più importante, quello senza il quale anche gli altri perderebbero di significato? Ancora oggi noi potremmo domandarci se nel nostro insegnamento, come Chiesa, noi riusciamo a trasmettere alla gente anche una gerarchia di importanza degli insegnamenti che diamo a partire dal Vangelo, perché si dicono tante cose ma sembrano tutte importanti allo stesso modo. Noi, oggi, ci troviamo in un’epoca della comunicazione in cui chiunque parla, chiunque dice la sua - che sia una persona preparata, un professore di valore riconosciuto o che sia l’ultimo che passa per la strada ed esprima il suo pensiero – sembra che le cose che dicono siano tutte sullo stesso piano. Viene da chiedersi: Ma quanto peso ha la parola dell’uno e dell’altro? Di tutti questi insegnamenti, di queste parole, quale di queste viene prima di tutte le altre, quale è la più importante ed in qualche modo dà un significato a tutte le altre parole, a tutti gli altri insegnamenti? In qualche modo, quindi, la domanda è pertinente ed anche attuale! Gesù risponde però, come sempre, spiazzando i suoi accusatori non si fa prendere per il naso, non cade nel loro tranello. Il Dottore della legge gli chiede qual è il più importante dei comandamenti, che sappiamo sono dieci, ed il più importante di questi comandamenti, tradizionalmente riconosciuto, era il terzo, cioè quello che riguarda il riposo del sabato, perché Dio stesso, per primo lo ha rispettato: Dio si è riposato il settimo giorno della creazione. Allora mettere in pratica questo comandamento che per primo Dio ha rispettato e che Dio rispetta, fa sì che questo venga prima degli altri comandamenti. È così vero infatti questo che, se voi andate a vedere, l’argomento su cui più frequentemente cercano di cogliere in fallo Gesù è proprio sul rispetto del sabato: “perché questo guarisce nel giorno di sabato?” Guarire nel giorno di sabato vuol dire operare, lavorare e invece di sabato bisogna riposare; e infatti Gesù apre con loro una polemica proprio su questo, dicendo: “Va bene, ma nel giorno di sabato è giusto dare la vita o dare la morte? E se ti cade una animale nel pozzo nel giorno di sabato lo lasci annegare o vai a tirarlo fuori?”. È come dire che la loro interpretazione della legge finisce per essere contraria allo spirito della legge che è per la vita e non per la morte, che è per l’uomo e non contro l’uomo. Gesù avrebbe potuto dare la risposta più semplice, cioè dire di rispettare il terzo comandamento, il rispetto del sabato, ma sarebbe in qualche modo caduto nel tranello, gli avrebbero chiesto: “e tu perché non lo rispetti?”. Ecco perché Gesù non risponde citando uno dei comandamenti, ma risponde citando due versetti del libro del Deuteronomio sull’amore per Dio, lo “Shema Israel” - la preghiera che un buon israelita ripete tre volte al giorno, “ascolta Israele”. Il primo comandamento è “Ascolta: Il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo, amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze.” L’altro versetto che Gesù cita è nel Deuteronomio 19-18 “amerai il prossimo tuo come te stesso”. Gesù eleva questi due insegnamenti al rango di comandamento. Ma soprattutto Gesù mette al primo posto l’amore, prima di tutto. È quello che poi, per esempio, sant’Agostino tradurrà nelle parole che tutti noi conosciamo “ama e fa’ ciò che vuoi” che, per noi uomini moderni vuol dire “alé, facciamo quello che ci piace”, mentre sant’Agostino non intendeva questo ma intendeva: “ama e esprimilo con la tua vita, a modo tuo, nel modo in cui sei capace con la tua vita. L’importante è che ami!”. Gesù mette al primo posto l’amore, prima di tutti gli altri insegnamenti e di tutti gli altri comandamenti che hanno senso solo se sono espressione di un modo di vivere, di esprimere questo amore per Dio e per il prossimo.
Ma un’altra cosa che Gesù dice e fa è unire questi due comandamenti, come se fossero uno solo, anzi possiamo dire che sono uno solo! Il secondo è simile al primo e l’uno non sta senza l’altro ed è il modo concreto per esprimere l’amore per Dio. Giovanni nella sua lettera sarà più esplicito e dirà: “tu dimostrami come ami Dio senza farmi vedere l’amore per il prossimo, io ti dimostrerò come amo Dio attraverso il mio amore per il prossimo”. Cioè, l’amore per il prossimo è il modo concreto con cui si vede il fatto che uno ama Dio, altrimenti da cosa si vede se non da questo? Allora questo legame inscindibile fra Dio e l’uomo, il tuo prossimo, è il cuore del messaggio di Gesù, del Vangelo: Dio si rende visibile attraverso il tuo prossimo, attraverso la persona che ti sta accanto, attraverso l’amore con cui tu lo ami: Lì c’è Dio! Quello è il luogo dove meglio la concretezza dell’amore – che è l’amore di Dio – si può vedere, si può toccare, si può sperimentare: amando gli altri e essendo amato. Allora lì Gesù sgombra il campo da ogni ipocrisia e da ogni idolatria su Dio. Quando noi ci interroghiamo sulla nostra fede: “Ma come è la mia fede? Credo o non credo? Quando ci interroghiamo sulla qualità della nostra preghiera: “Prego bene o non prego bene?”, queste domande rischiano di diventare tutte considerazioni di carattere intellettuale, tutte nostre idee su Dio. Ma come faccio a sapere se prego bene? Gesù ci dice che c’è un solo modo: “se hai pregato bene, aumenta il tuo amore, la tua capacità di amare il prossimo”. Quella è la cartina di tornasole, la prova del nove della tua fede e della tua preghiera. “Mi sono distratto nella preghiera e quindi non ho pregato bene”: è quella la cartina di tornasole? “Credo ma ho anche dei dubbi”: è questa la prova che la mia fede è debole? No, dice Gesù – non è in quello che tu devi verificare la tua fede! Devi verificare un altro modo: se hai pregato bene, se hai fede, il Signore accresce in te la capacità di amare nella concretezza, nei fatti, con le attenzioni, con la generosità, con l’apertura del cuore, con la capacità di accogliere il tuo fratello. Se invece nei confronti dell’altro ti sentirai chiuso, sentirai uno spirito di rancore, di vendetta, un egoismo, allora a quel punto ti dovrai domandare qual è la tua fede, qual è la tua preghiera, perché il frutto della fede e della preghiera è l’amore, l’apertura all’amore per l’altro. Il prossimo – secondo Gesù - non è soltanto il mio amico o quello che fa parte del mio gruppo o dei miei conoscenti: per Gesù il prossimo – come ci ha insegnato nella parabola del buon Samaritano – è qualunque uomo che tu incontri sulla strada, sulla tua strada. È l’apertura universale! L’uomo! L’amore di Dio, espresso attraverso Gesù, non conosce confini, non conosce limitazioni. “L’amore è solo per questi e non per questi altri; l’amore arriva fino a qui ma più in là non si può amare”: no, l’amore di Gesù non può essere limitato! L’amore di Gesù, di Dio è un amore che arriva ad abbracciare ogni uomo. Chi allora vuole imparare ad amare come Lui ama, apre anche lui il suo cuore alle stesse dimensioni del cuore di Dio.
Ecco: su questo allora noi saremo misurati, saremo giudicati nell’ultimo giorno, sull’amore! Pensate a Mt 25 in cui sono espresse le opere di misericordia: esse sono la misura del nostro rapporto con Dio e della verità della nostra capacità di amare, un amore che si esprime in fatti concreti, in gesti concreti, in opere concrete. Ecco, il frutto maturo del cammino cristiano, del cammino di fede, del cammino di preghiera è l’amore di Dio in me che si esprime nell’amore del prossimo! Questo ci aiuta, allora, ad evitare il rischio dell’ipocrisia dei Farisei per amare davvero con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le mie forze, con la mia volontà. Ci vogliono tutte e tre queste cose perché l’amore non può avere mezze misure, cioè l’amore dà tutto. Ma tutte queste qualità dell’amore sono necessarie perché se io amo solo con il cuore ma non con l’intelligenza, non con la volontà, rischio di fare del bene ma di farlo male, di farlo senza intelligenza, di farmi prendere solo dal cuore ma senza capacità di comprendere, di ragionare, quindi il bene rischio di non farlo bene. Oppure c’è il rischio di farmi prendere solo dai sentimenti che poi passano e, alla prima difficoltà, rischio di perdere perseveranza; è come nell’amore, nella famiglia, in cui i sentimenti cambiano nel tempo e da soli non bastano a tenere vivo l’amore.
Con tutta la forza: l’amore richiede anche forza, volontà, impegno, però da solo non basta, sennò io rischio di diventare testardo ma di non capire, oppure di avere una volontà forte che però mi rende duro perché magari non c’è sentimento. La persona è determinata ma è un po’ ostica, dura: non c’è neanche un po’ di tenerezza, un po’ di sentimento, di affetto. Vorrebbe fare tante cose ma le fa con durezza. La volontà da sola non basta!
Con tutta la mente. Uno dice “guarda questo come spiega bene le cose, come parla bene, come argomenta bene, come è intelligente”. Ma poi le cose che dice le fa oppure parla bene e basta? La mente da sola non basta, ha bisogno anche della forza – cioè che uno faccia le cose che dice – e ha bisogno anche del cuore – che uno cioè le cose le faccia per amore.
Allora con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze.
L’amore, secondo l’insegnamento di Gesù ha bisogno che queste tre caratteristiche stiano sempre insieme.

Don Marco Casale

Casa San Carlo – Bizzozero

Trascrizione non rivista dall’autore 

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.


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