Foto Raffaele Coppola: L'interno della chiesa di Santa Maria Maddalena

Approfondimento del Vangelo di domenica 5 marzo a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione proposto ogni venerdì sera alle ore 21.00, presso la chiesa di S. Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 03 marzo 2017:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

Domenica delle palme - 1^ di quaresima
Mt 4, 1 – 11

1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». 8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». 11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Siamo nel tempo della Quaresima, tempo di conversione, di tornare al Signore per essere sostenuti da Lui nel momento della prova e della tentazione. Così ci prepariamo alla gioia della Pasqua. E’ questo un tempo nel quale vogliamo entrare con speranza, sentendo il Signore vicino, così come era per Gesù quando, dopo il Battesimo nel Giordano, fu condotto dallo Spirito – quello stesso Spirito ricevuto nel battesimo - nel deserto. Questa ambientazione ci riporta all’Esodo, al cammino del popolo di Israele nel deserto - in particolare troviamo questo racconto nel Deuteronomio, capitoli 6 – 8, in cui si ricorda di questo cammino nel deserto e delle tentazioni che il popolo di Israele ha dovuto affrontare e che non ha superato. Quindi viene ricordata la vicenda del popolo di Israele per segnalare come, invece, Gesù supera le tentazioni che il popolo d’Israele non ha saputo superare.
Gesù viene condotto nel deserto per essere tentato dal diavolo. Evidentemente non è che lo Spirito vuole che sia tentato; infatti, da questo punto di vista, l’esempio che troviamo nell’invocazione del Padre nostro “non ci indurre in tentazione” non si riferisce al fatto che Dio “ci tenti” ma può essere meglio tradotta con “fa che non cadiamo nella tentazione”. Dio, quindi, è Colui che ci è vicino nel momento della tentazione, come ci racconta anche S. Antonio, padre del deserto, padre del monachesimo e padre anche nella lotta vittoriosa contro le tentazioni. Antonio incontrava quasi faccia a faccia il tentatore, proprio come Gesù e Antonio, al termine di una lotta vittoriosa contro la tentazione, stremato, vedendo una luce gli appare il Signore ed Antonio gli chiese: “Dov’eri mentre io lottavo con il tentatore?” Il Signore gli risponde: “Io sono sempre stato accanto a te!” Il Signore non è Colui che ci spinge nella tentazione ma è Colui che ci sostiene; non è Colui che ci mette alla prova per vedere se ce la facciamo, ma è Colui che sempre ci è vicino e che ci dà, mediante il suo Spirito, la forza necessaria per uscire vittoriosi nelle tentazioni.
Gesù digiuna quaranta giorni e quaranta notti. Quaranta è il tempo di una generazione; quaranta sono gli anni del popolo di Israele nel deserto; anche Gesù rimane nel deserto per quaranta giorni; anche la Quaresima, che è data da sei settimane - tolti i giorni del triduo pasquale - e corrisponde a quaranta giorni: Questo è il tempo dell’incontro con il Signore, il tempo di questa maturazione, il tempo della vittoria sulla tentazione e dell’incontro con il Signore. E’ il tempo in cui il popolo di Israele vaga nel deserto per raggiungere la terra promessa! Quindi questo tempo è un tempo in cui si cammina con una meta: il Signore ed il suo perdono!
Il tentatore si avvicina a Gesù e lo tenta. Qui vengono dichiarate tre tentazioni: è chiaro che questo è un po’ il riassunto, la sintesi delle tentazioni fondamentali che Gesù ha dovuto affrontare per tutto il tempo della sua vita, fin sotto la croce, con l’ultima tentazione: “se sei figlio di Dio scendi dalla croce e ti crederemo” cui Gesù resiste. Gesù, infatti, ha sperimentato tutte le tentazioni: il Vangelo non ha imbarazzo nel dircelo e questo ci mostra ancor più l’aspetto “umano” di Gesù, vediamo Gesù figlio di Davide, figlio di Adamo: E’ Gesù solidale con noi nell’umanità e quindi, in quanto uomo, Egli ha sperimentato le tentazioni che sperimentiamo noi, con la differenza che Gesù, però, non ha mai peccato, non è mai caduto nella tentazione, l’ha sempre vinta, l’ha sempre respinta! Per il resto le ha sperimentate, le ha attraversate tutte, nel proprio spirito e nella propria carne. Il racconto del Vangelo è un racconto modellato sulle tre tentazioni di Israele in cui ci viene mostrato il modo con cui Gesù - a differenza del popolo, appunto, che non ha superato le prove – ha vinto le tentazioni perché anche noi, in comunione con Lui, con il Suo aiuto e nel modo in cui Lui l’ha fatto, possiamo essere vittoriosi nella tentazione.
Le tre tentazioni fondamentali sono quelle che già il libro della Genesi ci presenta, le tre concupiscenze e potremmo riassumerle così: Il piacere, il dominio ed il possesso! Sono le tre tentazioni di Adamo, che vede che il frutto che Eva gli porge era desiderabile agli occhi, buono da mangiare per acquisire potere. Dentro queste tre tentazioni noi possiamo ritrovare tutte le tentazioni nei loro diversi modi di manifestarsi.
La prima: “Se tu sei figlio di Dio dì che queste pietre diventino pane.” La tentazione che Gesù ha sperimentato quando, dopo la moltiplicazione dei pani, lo vengono a cercare e lo vogliono fare re e lui capisce che dentro questa richiesta c’è una tentazione e si allontana, si sottrae. Una bella rilettura di questo episodio la fa Dostoevskij, nei “Fratelli Karamazov” in cui il grande inquisitore dice a Gesù: “Se tu cambi queste pietre in pane tu potrai comprare tutta questa folla: sarà ai tuoi piedi.” La risposta di Gesù avviene con la Scrittura; lo fa anche il diavolo, ma ne fa un uso distorto. Il Diavolo non propone a Gesù di cessare di essere figlio di Dio, non gli propone un alternativa all’essere figlio di Dio ma gli propone un modo diabolico do essere figlio di Dio, un modo di essere figlio di Dio non al modo di Dio, non secondo Dio: è la tentazione più difficile! E’ un po’ il tema centrale di tutte le tentazioni, non delle tentazioni grossolane ma della tentazione più diabolica, più astuta: “Ti dico io come fare ad essere fedele a Dio, ma te lo dico a modo mio.” E’ il diavolo che si mette al posto di Dio, dicendo lui cosa vuole Dio, cosa chiede Dio. Anche noi facciamo questo tutte le volte che ci mettiamo al posto di Dio e pensiamo di dire qualcosa di Lui che non è Lui, tutte le volte che parliamo di Dio mentre, in realtà, non stiamo parlando di Dio, ma stiamo facendo parlare il nostro io, la nostra idea di Dio.
La risposta di Gesù è: “Non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.” Gesù ci ricorda che abbiamo bisogno di un altro nutrimento che Dio ci dà, un nutrimento che la Sua Parola ci dà! Questa risposta è un po’ la risposta fondamentale di Gesù e per darla Gesù si serve della Parola di Dio. Al diavolo non si può rispondere con parole soltanto umane: ci vuole la Parola di Dio. Pensare di rispondere al diavolo senza ricorrere alla Parola di Dio vorrebbe dire essere sconfitti già in partenza. Cosa si vede qui? Dicevamo il piacere, la concupiscenza! Quando Gesù ha moltiplicato il pane non l’ha dovuto comprare e non ha voluto mostrare una scorciatoia alla condivisione, alla solidarietà, al lavoro per procurarsi il pane quotidiano. Il piacere indica un po’ l’egoismo: quando un atto non è un atto di amore! Lo stesso atto può esprimere una ricerca egoistica di se stessi e non amore. Il piacere del cibo può essere, per esempio, solo un piacere egoistico anziché il piacere della condivisione del cibo con i fratelli! Sempre nell’amore è così e cioè, lo stesso gesto, quando esprime amore, “dice” l’amore, “comunica” amore, “costruisce” amore; ma quello stesso gesto, invece, può esprimere un egoismo vissuto in nome dell’amore, una ricerca egoistica di se stessi! Qui, in questa prima tentazione, Gesù ci aiuta a liberarci dalla tentazione del piacere senza amore, del piacere fine a se stesso, dell’egoismo.
La seconda tentazione: “Se sei figlio di Dio gettati giù dal tempio e Dio darà ordine ai suoi angeli a tuo riguardo.” Gesù ribatte: “Sta scritto: Non metterai alla prova il Signore tuo Dio.” Si fa riferimento a quella tentazione – Es 17 – alle acque di Merìba: “Il Signore è con noi, sì o no?” Il segno viene dato da Mosè che percuote la roccia con il bastone e ne scaturisce acqua. Il popolo di Israele a Merìba ha tentato il Signore, ha chiesto un segno per credere. Non ha creduto per avere un segno ma ha chiesto un segno per credere! Questa tentazione è quella non di “servire” Dio ma di “servirsi” di Dio. E’ la seconda concupiscenza, il dominio: Non servo l’altro ma mi servo dell’altro! Gesù dice – sempre citando la scrittura: “Non metterai alla prova il Signore tuo Dio!” Gesù spesso allontanerà questa tentazione: “Questa generazione cerca un segno ma non le sarà dato alcun segno, fuorché il segno di Giona.” Gesù alludeva ai tre giorni di Giona nel ventre del pesce, segno dei tre giorni del Figlio dell’uomo nel ventre della terra, il segno della Pasqua, il segno dei segni! Però non è quel segno che il popolo aveva chiesto, perché questa richiesta è una tentazione. Noi questo lo possiamo anche riscontrare in ogni relazione d’amore: tutte le volte che noi, in una relazione d’amore, chiediamo un segno, una prova d’amore, noi non siamo più dentro una relazione libera, in cui vi è la fiducia. La relazione d’amore è compromessa, minacciata, minata. Non si può chiedere una prova di amore, è contraddittorio chiederla! “Non mettere alla prova il Signore!”
La terza tentazione: “Il diavolo gli mostra tutti i regni del mondo. Tutte queste cose ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai.” Il diavolo si sente lui il Signore del mondo e la tentazione del diavolo, nei nostri confronti, è proprio quella di farci credere che è lui il signore. Tutte le volte in cui noi vediamo questo mondo come dominato dal male, in preda alle forze del male e crediamo queste forze vincenti, vittoriose, noi stiamo andando dietro, in qualche modo, a satana: stiamo facendo nostra la sua visione delle cose, cioè crediamo che il signore del mondo sia lui e che il male vince sempre! A questo invito ad adorare lui da parte di satana, Gesù risponde: “Il Signore Dio tuo adorerai ed a Lui solo renderai culto.” Ricordiamo la Scrittura, Esodo 32, l’idolo del vitello d’oro, l’idolo costruito dalle mani dell’uomo. Questo idolo, come tutti gli idoli, ha bocca e non parla, ha occhi e non vede, ha piedi e non cammina, ha la gola e non emette suoni: sia come lui chi lo fa e chiunque in lui confida. E’ un idolo morto, muto, senza vita. Dio solo dà vita, non l’idolo! Gli idoli che gli uomini si costruiscono da soli, invece, danno la morte e non danno la vita. La terza concupiscenza è quella del potere che si serve del potere che dà la morte anziché la vita, del potere che schiaccia chi sta sotto anziché promuoverlo, del potere che sfrutta chi sta sotto anziché difenderlo, del potere come gli uomini lo intendono ed il più delle volte lo esercitano: il potere del forte sul debole! Gesù, però, ha rinunciato a fare dell’onnipotenza di Dio un potere che schiaccia l’uomo. Tutte le volte che noi sentiamo l’onnipotenza di Dio come qualcosa che schiaccia l’uomo noi stiamo condiscendendo alla descrizione che satana ha fatto del rapporto tra Dio e l’uomo. Dio, invece, è Colui che, in Gesù, si è spogliato, si è fatto servo, si è abbassato, si è umiliato, si è fatto più piccolo: l’onnipotenza si è fatta impotenza, Lui che è grande si è fatto piccolo, Lui che i cieli non possono contenere è entrato nel grembo di una donna, Lui che era Dio si è fatto uomo perché gli uomini non vedessero in Lui un potente al modo dei potenti di questo mondo.
“Il diavolo lo lasciò ed ecco Angeli si avvicinarono e lo servono.” Ecco: Gesù non è mai stato solo in tutto questo percorso di lotta alle tentazioni. La Quaresima, per noi, è la possibilità di riconoscere le tentazioni come tentazioni. Oggi una della tentazioni più difficili, probabilmente, è quella di cambiare il nome alle tentazioni. Oscar Wilde scriveva: “Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni!” E’ un interprete di una certa cultura! In fondo oggi, accondiscendere alle tentazioni, è la via maestra: nel momento in cui se ne cambia il senso le tentazioni non sono più qualcosa che ti rendono meno uomo ma condiscendere alle tentazioni è qualcosa che ti fa sentire più uomo, più libero.
Oggi la prima difficoltà che si incontra è proprio riconoscere nella tentazione la tentazione e non un’opportunità! La prima domanda da farci allora è: Questa è un’opportunità o una tentazione? E’ questa la domanda fondamentale da porsi, perché oggi il modo in cui la tentazione ci vince è proprio questo: mostrarsi come opportunità e non come tentazione per cui, se io me la faccio sfuggire, ho perso un’occasione, un’opportunità! Questo ci rende impossibile la lotta, fin dall’inizio: non si lotta con le tentazioni perché le si reputa delle opportunità! Non si entra nemmeno nella lotta! Noi dobbiamo un po’ riscoprire la vicinanza di Dio nella lotta che conduciamo, una lotta in cui poterci sentire vittoriosi, da cui poterne uscire vincenti: ecco di questo noi oggi abbiamo bisogno! Un'altra caratteristica tipica dei nostri giorni, del nostro rapporto con il male, è quella di sentirci impotenti. Oggi abbiamo la percezione del male contro il quale ci scagliamo con improperi verbali anche molto pesanti, ma non sono il grido del guerriero: sono solo il grido impotente dell’uomo disperato, che non sa che cosa fare di fronte al male dilagante e se ne sente impotente! Se ne sente incapace di poter intraprendere la lotta! Al più si arriva a dire che toccherebbe ad altri tuffarsi in certi problemi, ma “io che cosa posso fare di fronte al male che c’è nel mondo? Nulla, posso solo subirlo!” Ecco allora che questo genera un grande sentimento di paura; quando ci si sente così impotenti cresce la paura perché è una lotta da cui non si esce mai vittoriosi!
Allora la possibilità di vincere il male: questo è il grande messaggio di speranza per noi in questa Quaresima, vincere le tentazioni che ci inducono al male.
Gesù ci ha mostrato la strada: la prima scoperta che siamo chiamati a fare è quella che il male non lo vinciamo da soli! Da soli siamo smarriti ed impotenti ma abbiamo il Signore al nostro fianco, Colui che lotta con noi e solo con Lui noi possiamo essere vittoriosi!

Don Marco Casale

Chiesa di S. Maria Maddalena – Bizzozero

Trascrizione non rivista dall’autore 

 

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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