Foto Raffaele Coppola: L'interno della chiesa di Santa Maria Maddalena

Approfondimento del Vangelo di domenica 19 febbraio a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione proposto ogni venerdì sera alle ore 21.00, presso la chiesa di S. Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica. 

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 17 febbraio 2017:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

VII Domenica dopo l'Epifania​
GV. 8, 1 – 11

In quel tempo. Il Signore Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».


Il racconto di oggi è “puro Vangelo”, la “buona notizia” del Dio misericordioso di fronte alla nostra miseria, rappresentato da Gesù di fronte a questa donna: è un Dio che non ci condanna, ma sempre ci dà una nuova opportunità di vita. Questo brano ha conosciuto molte traversie: il tono, il linguaggio usato nel brano, tutto centrato sulla misericordia, ci fa pensare che la sua collocazione originaria sia il Vangelo di Luca, che è il “Vangelo della misericordia”. La sua collocazione originaria potrebbe essere dopo Lc 21 – 38. Siamo a Gerusalemme, nei giorni immediatamente precedenti alla Passione, quando Gesù si ritirava sul Monte degli Ulivi, tirando la notte in preghiera, ed al mattino tornava nel Tempio. Fino al Concilio di Trento rimase aperta la discussione riguardo la canonicità di questo brano, che fu sancita solo nel 1500 dal Concilio di Trento - tanto questo testo è scandaloso - ma per una ragione precisa, perché in una logica soltanto umana, questo atteggiamento di Gesù sembra sdoganare il peccato. Gesù mostrando questa misericordia che non condanna sembra, in qualche modo, autorizzare al peccato; invece, ad una lettura più attenta del testo, noi ci accorgiamo che non è affatto così. Gesù si trova circondato dal popolo e suscita l’invidia delle autorità religiose: gli Scribi, che sono gli autorevoli commentatori della Scrittura, ed i Farisei, che sono coloro che si vantano di metterla in pratica minuziosamente, scrupolosamente. Questa folla che segue Gesù li irrita, perché se ascoltano Lui non ascoltano loro, con la conseguente paura di perdere il potere, religiosamente parlando. Allora lo vogliono cogliere in fallo e gli sottopongono una questione in cui sembra che l’accusata sia una donna mentre in realtà l’imputato è Gesù. La questione in sé è chiara: c’è una donna sorpresa in adulterio, rea di condanna a morte, secondo la legge, la Torah – Deuteronomio, Levitico, Numeri riprendono più volte questa norma – e il fatto che sia condannata alla lapidazione ci fa pensare che era in quella fase del matrimonio che precedeva la convivenza. A tal riguardo ricordiamo il matrimonio di Maria e Giuseppe: Maria che era promessa sposa, nel senso che era in quel periodo che passava dalla decisione pubblica - quello che noi definiremmo fidanzamento, che era, in realtà, la prima fase del matrimonio - al momento in cui il matrimonio veniva compiuto e si realizzava la convivenza; tra questi due momenti passava circa un anno. In quel periodo, se la donna veniva sorpresa in adulterio, veniva lapidata. Questa donna era una ragazzina di circa 13 anni che viene portata davanti a Gesù da questi uomini, alcuni dei quali anziani, perché venga lapidata.

“Tu che ne dici?” gli chiedono. La domanda, che molte altre volte viene fatta a Gesù, come quella sulle tasse a Cesare, è una domanda trabocchetto che presuppone che qualsiasi risposta Gesù dia essa si ritorcerebbe contro di Lui. Infatti, se Gesù avesse detto: “Si, va lapidata” avrebbe semplicemente confermato la legge, il principio di giustizia, però tutta la folla che lo seguiva e a cui Lui parlava di misericordia, di amore, di perdono, che cosa avrebbe pensato, che ne sarebbe stato? Gesù sarebbe diventato solo uno dei tanti interpreti della legge, un maestro come tanti. Se, al contrario, avesse detto: “No, bisogna lasciarla andare” avrebbe palesemente incitato a violare la legge proprio nel Tempio e si sarebbe quindi esposto, immediatamente, ad una condanna. Il dilemma è sempre lo stesso: o la giustizia o la misericordia! Su questo punto, spesso, noi ci giochiamo la faccia, perché noi fatichiamo a tenere insieme giustizia e misericordia, mentre Dio, sempre, le tiene insieme, non lascia mai che entrino in contraddizione, mentre per noi questo è sempre difficile, e spesso non ci riusciamo. Questi, addirittura, cercano di far leva su questa difficoltà a tenere insieme giustizia e misericordia. Gesù si china e scrive con il dito. Quello che scrive noi non lo sappiamo, il Vangelo non ce lo dice, ed è l’unico momento in cui noi vediamo Gesù scrivere; di solito Gesù parla, non ci ha lasciato niente di scritto, non abbiamo nessun testo scritto di Gesù. Tutte le parole di Gesù ci sono state riportate da altri che le hanno ascoltate. Cosa possiamo vedere in questo dito di Gesù che scrive? Possiamo fare diverse ipotesi: La prima è che esso rappresenta il dito di Dio, quello che scrisse la legge sulle Tavole di pietra, sul monte Sinai, e Gesù è sul pavimento del Tempio; La seconda interpretazione, invece, ce la ispira Geremia 31. “Scriverò non più su tavole di pietra ma sul vostro cuore” come se Gesù stesse scrivendo sul cuore degli accusatori, perché Gesù vuole la conversione e la vita, sempre, del peccatore, di tutti i peccatori - Ezechiele 33, 11: “io non godo della morte del peccatore, ma voglio che si converta e che viva” Dio non vuole la morte dell’empio e del peccatore: Dio vuole sempre e solo la vita delle sue creature, anche di quegli accusatori che hanno il cuore duro! Una terza ipotesi potrebbe essere che Gesù stesse scrivendo, elencando tutti i peccati di coloro che stavano accusando questa donna. Gesù, però, non li dice: li scrive nella sabbia, nella polvere, quella polvere che siamo noi, con le nostre fragilità di peccatori.

“Insistono” però, e Gesù si alza e pronuncia queste parole che li spiazzano: “Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra!” La prassi era questa: La donna veniva messa dentro una buca; poi si scagliavano contro di lei le pietre. Però i testimoni, coloro che la accusavano, e che erano quelli che erano certi della sua colpevolezza, dovevano scagliare la pietra per primi, perché quella era la pietra che dava la morte; poi gli altri, dopo di loro, quasi in un rito purificatore, secondo il meccanismo del “capro espiatorio” per il quale quel senso di colpa, che sempre noi ci portiamo dentro in virtù del nostro peccato e dal quale a stento riusciamo a liberarci, viene come proiettato fuori, in un'altra persona, e questo rito dell’eliminare il capro espiatorio rappresenta il tentativo di cancellare proprio quel senso di colpa che ci portiamo dentro e che abbiamo spostato fuori da noi stessi! Questa modalità è sempre presente, perché è sempre presente nella coscienza dell’uomo il bisogno di togliere il male di mezzo a noi. A volte questo rito collettivo si ripete ancora oggi, se non attraverso la lapidazione con pietre, attraverso l’uccisione della persona mediante le parole, che sanno essere più pesanti delle pietre, e diventa una sorta di “rito collettivo” in cui si uccide la dignità della persona, il buon nome di una persona, in una sorta di febbre collettiva in cui, finalmente, presi da un entusiasmo febbrile e contagioso, si individua il colpevole e contro di lui ci si scaglia violentemente, con accuse, ingiurie, sentenze piene di rabbia ed impulsività! La volontà di conoscere realmente i fatti, invece, è come scomparsa, sparita, sfumata: si passa subito alla sentenza, direttamente, senza contenzioso, senza diritto di difesa, e questo, da un punto di vista dei mezzi di comunicazione di massa, è diventato ormai prassi consolidata e quotidiana. Gesù, allora, smaschera questa che, in fondo, è un tipo di ipocrisia: “Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra,” si assuma la responsabilità di uccidere. Gesù non contesta la legge che condanna a morte l’adultera: il disprezzo che Gesù ha del peccato è molto più forte di quello che abbiamo noi. La durezza con la quale Gesù condanna il peccato è molto più convinta della nostra tiepidezza! Gesù ha un’idiosincrasia totale con il peccato! Noi ci trattiamo e arriviamo ad un accordo con il nostro peccato: un po’ ci andiamo a braccetto! Gesù mai, perché Gesù sa che il peccato, in fondo, è già morte: è la morte interiore, spirituale, è la morte della dignità da figlio di Dio, del rapporto col Padre. Gesù conosce la tragedia del peccato e non l’attenua, però Gesù non fa quello che fanno questi uomini che si rivolgono a questa donna e la identificano con il suo peccato: un’adultera e non una persona, una donna. Lei è il suo peccato! E’ come Simone, il Fariseo, che diceva ai commensali: “Se costui fosse davvero un profeta saprebbe che genere di donna è costei: E’ una peccatrice.” Lei “è” il suo peccato, non “ha“ peccato. Gesù, invece, ancora una volta, non cade in questa ipocrisia. La radice del peccato è sempre l’ipocrisia!

Gesù, allora, vuole mettere queste persone di fronte alla responsabilità personale: Chi si prende la responsabilità di uccidere, di non nascondersi dietro la folla, lanciando la pietra da dietro le righe senza essere visto? Gesù mette di fronte alla responsabilità personale, perché la responsabilità è sempre anzitutto questo: personale! Non appartiene ad una categoria e non si può nascondere dietro un gruppo o dietro un’accusa che raccoglie consenso. La responsabilità personale non la si può nascondere: è tua e te la prendi! A questo punto, mentre tutti erano arrivati insieme e si facevano forti del consenso, quasi che il consenso possa rendere vero ciò che è falso e possa rendere giusto ciò che è sbagliato – lo dicono tutti, e se lo dicono tutti una verità ci sarà; la verità si fa con i numeri e la giustizia si fa col consenso; se sono in tanti a dirlo sapranno quello che dicono – ma se ne vanno uno ad uno, perché sono messi di fronte alla loro responsabilità personale rispetto al loro peccato. Chi avesse scagliato quella pietra avrebbe dovuto farlo a partire dalla sua integrità, dalla sua innocenza! Solo chi è irreprensibile poteva farlo: nessuno lo fa, perché nessuno poteva farlo! Solo uno, infatti, può condannare: il Signore! Ma neppure Lui lo fa, per la ragione opposta per cui non lo fanno gli altri!

“Se ne vanno uno per uno, cominciando dai più anziani.” Perché? E’ come se Gesù ci segnalasse che i peccati più insidiosi non sono quelli di gioventù: sono quelli che si fanno con la consapevolezza della maturità! C’è un episodio nel Libro di Daniele che parla dei vecchi e della casta Susanna, questa donna insidiata dai vecchi che vogliono abusare di lei e lei si rifiuta e viene condannata. E’ la stessa cosa che troviamo qua. Chissà perché, se la legge del Deuteronomio diceva che bisognava lapidare sia la donna sorpresa in adulterio sia l’uomo, perché qui c’è solo la donna? Quando l’interpretazione della legge viene lasciata in mano solo agli uomini!!! Questa è una lettura profondamente maschilista della legge! E’ una cosa così rara?! E’ una cosa così fuori dalla realtà, questa, oppure, purtroppo, spesso è un’amara prassi?! C’è bisogno della donna perché c’è bisogno della misericordia perché la legge non diventi ingiusta, perché la legge non serva a ratificare l’ingiustizia: c’è bisogno della misericordia!

Questi anziani rappresentano proprio quel peccato che con il crescere della maturità e della consapevolezza può diventare più insidioso. La castità è un problema solo giovanile? Niente affatto! Con il tempo la tentazione non si fa minore né la consapevolezza del cammino di fede che acquisiamo ci rende meno vulnerabili: anzi! Saggezza è riconoscere che la tentazione è sempre presente e sempre più subdola e la lotta contro la tentazione si fa sempre più difficile! Rimane solo Gesù con la donna. Dice Agostino: La miseria e la misericordia – la miseria nostra e la misericordia di Dio.
Gesù ora si rivolge a lei: “Donna” termine con cui Gesù si rivolge a sua Madre a Cana, alla Samaritana al pozzo, alla Maddalena il mattino di Pasqua: Donna! Le restituisce tutta la sua dignità di persona. Non è più un oggetto nelle mani dell’uomo, non lo è mai stata agli occhi di Gesù! “Dove sono” dice Gesù quasi ironicamente! “Nessuno ti ha condannata?” Ella rispose: “Nessuno, Signore.” Non ha chiesto perdono questa donna; non sembra mostrare, apparentemente, segni di pentimento, non ringrazia di averla liberata e salvata: non c’è nulla di tutto questo. Perché? Perché qui l’Evangelista vuole sottolineare che il rapporto pentimento-perdono dalla parte di Dio è invertito: c’è prima il perdono e poi, eventualmente, il pentimento! Perché questo? Perché noi non possiamo non solo liberarci dal peccato da soli, però noi dobbiamo anche ammettere che non siamo neppure capaci di pentimento se Dio non ce ne rende capaci! Anche il pentimento è dono suo! Questo è il Vangelo: prima il perdono. Il perdono è vita, una nuova possibilità, l’unica che abbiamo!

“Neanche io ti condanno!” – risponde Gesù - neanche io che sono l’unico che potrei farlo ma non lo faccio, perché sono Dio e non uomo, perché sono il volto del Padre misericordioso, perché sono annuncio di quel Vangelo che è la salvezza per ogni uomo! Non c’è nessuna indulgenza, però, col peccato. Infatti Gesù dice: “Va’, e d’ora in poi non peccare più!” Non c’è nessuna indulgenza col peccato. A noi sembrerebbe, invece, che per perdonare la peccatrice dovremmo un po’ sminuire la portata del peccato, dovremmo dire: “Beh, si, in fondo, un adulterio! Che volete che sia! Una scappatella! Che volete che sia! E poi, in fondo, quanti non l’hanno fatto?! E poi l’uomo è uomo, no?” Noi confondiamo il senso del perdono con lo sminuire il peccato. Così a noi sembra di poterci salvare, sminuendo il peccato e dicendo: “così fan tutti!” Gesù non è così! Non peccare più! L’avrà fatto questa donna? Non lo sappiamo. Mantenere i propositi di non peccare – questo sì, lo sappiamo – è sempre difficile per tutti, e forse, in particolare, proprio nel caso dell’adulterio. Quante relazioni avviate fuori dal matrimonio che non si riesce ad interrompere anche quando lo si vuole! Che grande fatica, che lotta! E Gesù lo sa! Per questo Gesù perdona l’adultera anticipatamente. Solo così questa donna ha la possibilità di abbandonare il peccato, solo così. Sapeva questa donna che rischiava la morte ma non è questo il deterrente, o lo è in parte. La paura è solo in parte il deterrente al peccato ma certamente non ne è la soluzione: questo, infatti, certamente non impedisce all’uomo di peccare, anche quando l’uomo sa che rischia la vita. Non basta! Gesù fa una cosa alternativa: offre il perdono, offre una via di uscita, la possibilità di una vita nuova, la possibilità di ripartire e la offre gratuitamente, anticipatamente. Cosa avrà fatto questa donna? Non lo sappiamo! Tocca a noi rispondere: Cosa facciamo, noi, quando riceviamo perdono gratuitamente, anticipato, immeritato dal cuore misericordioso del Padre?

Don Marco Casale

Chiesa di S. Maria Maddalena – Bizzozero

Trascrizione non rivista dall’autore

 

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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