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LA PAROLA IN MEZZO A NOI
V Domenica di Avvento Gv 1, 6 – 8 . 15 – 18
6Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 15Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». 16Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. 17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Ritorna ancora la figura di Giovanni il Battista ma, questa volta, con la riflessione dell’Evangelista Giovanni, che ce ne parla nel Prologo: non ci narra tutta la vicenda del Battista, la sua predicazione, ma ci mostra una sintesi efficace e profonda della sua figura. Giovanni Evangelista fa un po’ quello che fa sempre, cioè si alza, secondo l’immagine dell’aquila che lo rappresenta nell’iconografia, con lo sguardo del contemplativo e ci descrive un panorama mostrandocene non i singoli elementi ma la bellezza dell’insieme. Giovanni Evangelista ci fa questo bel ritratto di Giovanni Battista con poche pennellate ma essenziali, importanti per descrivere così una persona, con pochi elementi. Giovanni Battista è un uomo mandato da Dio. Giovanni è la pienezza della “profezia”. Profeta è colui che è mandato da Dio, colui che “parla a nome suo”. Giovanni porta a compimento la missione, il compito di tutta la profezia, diventando il “precursore”, quindi non solo colui che preannuncia ma colui che indica il compimento di ciò che ha preannunciato: non ci parla solo di un Messia “veniente” ma di un Messia “presente” - Ecco, è Lui! Giovanni Battista viene presentato come testimone. Giovanni ci aiuta ad approfondire il senso della testimonianza! Chi è il testimone? E’ colui che narra una storia di cui ne è parte, protagonista e rende presente un passato, perché narrando una storia si crea cultura, perché nel racconto di una storia c’è la cultura di un popolo, di una fede e c’è ciò che rende l’uomo “uomo”, perché senza cultura non c’è l’uomo, non c’è l’umanità e la cultura si codifica nel racconto, nella narrazione della storia, nei miti, che ci fanno essere ciò che siamo e senza i quali noi non saremmo ciò che siamo – quello che la cultura popolare sintetizza nei proverbi, nei detti che, con poche parole, colgono l’essenziale della vita, colgono ciò che ci fa essere ciò che siamo, così e non altro, con il nostro modo di pensare, le nostre tradizioni, le nostre abitudini. Tutti gli uomini sono portatori di una cultura: possono essere diverse le culture ma non si vive senza una cultura! Il testimone è generatore di cultura e garante della sua trasmissione. Quindi non si vive senza i testimoni! Il testimone è colui che dà voce a ciò che tutti sentono ma che non riescono ad esprimere nel modo con cui lui lo esprime! Testimone è colui che, quando parla, ti fa dire: Ecco, è proprio così! A me non veniva di dirlo così, ma è proprio così come dice lui! Ha dato voce a un sentire, ad un’attesa, ad un desiderio, ad una speranza e tu senti che ha dato voce, corpo a qualcosa che aspettava che qualcuno gli desse voce e corpo e senti che è vero quello che dice. Il testimone è colui che non solo rende attuale un passato ma ne mostra anche l’eterna attualità. Quegli eventi della storia sono, non solo la storia di un passato, ma di una storia di sempre, perché è la vicenda, non di un passato, ma è la vicenda dell’uomo, di ogni uomo. Sono quegli elementi che compongono la nostra umanità e che rivivono nella vita di ogni uomo, e che Giovanni ce li rende presenti. Ma il testimone dà anche sostanza al presente perché, senza il testimone, il presente è vuoto, è senza senso. Per dare senso al presente occorre cercare i testimoni, coloro che ci rendano attuali, oggi, quegli elementi essenziali che fanno l’uomo “uomo”. Per questo noi andiamo alla ricerca della voce del testimone, del suo esempio di vita, di quella voce che, prima di tutto, vive ciò che dice e dice ciò che vive: l’andiamo a cercare perché abbiamo bisogno del testimone, perché senza di lui non abbiamo la bussola, siamo disorientati, non possiamo dare senso al nostro esistere. Senza i testimoni la vita dell’uomo non trova il suo orientamento ed il suo senso! Noi riusciamo a dare un senso alla nostra vita perché abbiamo incontrato dei testimoni che ci hanno trasmesso il senso del nostro esistere, ce ne hanno parlato e ce lo hanno testimoniato con la loro vita. Ecco: Giovanni è non un testimone ma “il” testimone, incarna il senso stesso della testimonianza. E’ testimone di una luce ma non è la luce! La prima consapevolezza del testimone è che egli non brilla di luce propria; il testimone si preoccupa di essere “trasparenza” della luce, di non essere opaco rispetto alla luce, di non impedire l’accesso della luce, di essere trapassato dalla luce. Il testimone non è una luce che si accende ma è un vetro che si rende trasparente e che permette l’ingresso della luce perché tutti possano vedere la luce! Per questo la vita del testimone è una vita che si semplifica sempre di più, essenziale, che si sfronda del superfluo, di ciò che tutti ritengono essenziale ma che, invece, è superfluo. Per questo il testimone è sempre un po’ austero, contro corrente, perché si spoglia di ciò che gli uomini ritengono essenziale e che lui sa essere superfluo e così diventa trasparente. E’ un guaio quando coloro che dovrebbero essere testimoni invece testimoniano se stessi! Essi non fanno passare la luce ed inducono gli altri a pensare che essi sono la luce. Questo è un grosso guaio, forse il guaio più grosso: il fraintendimento riguardo a ciò che è luce. Non è il testimone la luce! Il testimone che crede di esserlo mi impedisce di vederla e mi induce al fraintendimento riguardo al fatto che la luce non ci sia o non sia buona: quando c’è chi abbandona la fede o non la comprende, non perché non stia abbracciando la fede, ma perché ha scambiato la luce col testimone e quindi rimane scandalizzato, rimane scandalizzato dalla contro testimonianza del testimone, ma non è stato aiutato dal testimone stesso a capire che non doveva fermarsi a lui ed alle sue fragilità, ma doveva andare a vedere la luce. Sta al testimone la responsabilità di dire: Io non sono la luce! Lo deve sapere il testimone e lo deve dire e lo deve testimoniare: “Io non sono la luce, non brillo di luce propria”. Qual è la testimonianza di Giovanni? “Colui che viene dopo di me è avanti ame, perché era prima di me” – In principio era il Verbo. Gesù è Colui che è al principio: tutta la creazione fu fatta per mezzo di Lui. Quando l’uomo è stato creato è stato creato ad immagine e somiglianza di Gesù, del Verbo, del Figlio “generato e non creato”. Il modello dell’umanità sta in seno alla Trinità stessa: Il Figlio Unigenito, Gesù, e noi siamo creati ad immagine e somiglianza sua, e Lui sta al principio. Allora viene nel mondo Colui che era fin dal principio. Entra nel tempo Colui che dall’eternità esiste ma – vedete l’umiltà di Dio – si fa annunciare da un uomo, da un testimone. Perché? Perché gli uomini capiscono solo così! E’ questo il mondo degli uomini, e Dio è entrato nel mondo degli uomini e ne ha rispettato profondamente tutto, anche le modalità con cui gli uomini apprendono, incontrano, accolgono: attraverso i testimoni! Gesù non ha testimoniato di se stesso ma ha avuto bisogno dei testimoni. Gesù non ha glorificato se stesso: si è fatto glorificare dal Padre, ha lasciato che il Padre lo glorificasse. E’ molto importante questo, perché ci ricorda che non tocca a noi accreditarci presso gli altri; non tocca a noi far brillare la nostra luce agli occhi degli altri; non tocca a noi cercare le lodi degli altri. Non tocca a noi e non dobbiamo cercarla! Se non l’ha fatto Gesù è singolare che lo facciamo noi! Devono essere le opere a far parlare, deve essere la nostra testimonianza a far parlare, deve essere ciò che diciamo ma prima ancora ciò che viviamo a far parlare gli altri! Gesù ha scelto questa strada: ha lasciato che andasse avanti Giovanni, ha lasciato che un altro parlasse di Lui, ha lasciato che un altro preparasse i cuori perché lo accogliessero, ha lasciato che un altro lo indicasse come il Messia. E’ l’umiltà di Dio, che si è fatto uomo fino in fondo. “Dalla pienezza di Gesù noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia” ovvero una grazia dopo l’altra, e Giovanni Evangelista ci aiuta a comprendere cos’è la grazia, mette in ordine le cose: la legge per mezzo di Mosè, la grazia per mezzo di Gesù Cristo! E' importante che Giovanni metta in ordine le cose perché noi nella Chiesa, ancora oggi siamo tentati di sovvertire le cose. La pienezza è la grazia, non la legge, ma nella Chiesa permane la tentazione di dire: prima la legge; e la legge trattiene la grazia e la grazia deve stare dentro i confini della legge. Questa tentazione permanente è sempre forte ed è stata una delle lotte più dure affrontate da Gesù. La legge Gesù non l’ha cancellata: l’ha portata a compimento, l’ha superata, ne ha indicato il compimento. Tutta la legge è fatta come un pedagogo, ma il punto di arrivo è la grazia, è l’amore, non la legge! Voi provate a pensare come a volte si parla della dottrina nella Chiesa, la dottrina che nei secoli la Chiesa ha elaborato, dogmi di fede, insegnamenti vincolanti, espressi autorevolmente dalla Chiesa che permangono. Ma essi sono il punto di arrivo? E una volta osservata la dottrina abbiamo fatto tutto? Questo è il fraintendimento! Non c’è bisogno di cambiare la dottrina per vivere il Vangelo: E’ sufficiente pensare che una volta messo in pratica l’insegnamento della dottrina non ho fatto tutto perché il Vangelo non è quello! Non ho fatto tutto, non sono a posto perché ho trasmesso correttamente la dottrina! Non sono a posto! Non ho adempiuto al mio compito di testimone, non l’ho fatto, perché la legge non contiene interamente la grazia ma predispone all’accoglienza della grazia, predispone correttamente, senza fraintendimenti, ad accogliere la pienezza di una grazia che è totalmente sovrabbondante, di un amore che non può essere racchiuso in nessuna formula ma che può solo essere vissuto! La dottrina sta a garanzia che non ci siano fraintendimenti e descrizioni di questo amore che non corrispondono a ciò che l’amore di Dio è. Ma poi l’amore va vissuto! E’ come se uno pensasse che una volta che ha parlato correttamente dell’amore ha fatto tutto. Ma non ha fatto niente, niente! L’amore va vissuto! Puoi soltanto amare! Non ha nessuna importanza che tu abbia descritto correttamente ciò che è l’amore, non ha nessun valore! Conta solo che tu lo abbia vissuto! E questo è un punto faticosissimo! Giovanni ci aiuta: “La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo”. La tentazione di tornare alla legge è una tentazione forte, permanente, contro la quale noi dobbiamo sempre fare ciò che Giovanni ci raccomanda, cioè non ridurre la grazia, la verità, l’amore alla legge! Il pontificato di Papa Francesco è giocato in larga parte, fortemente, su questo: prima l’amore, prima la persona, prima! Prima la creatura amata, prima i figli di Dio, prima! E questo non è senza conseguenze! Giovanni il Battista, allora, è colui che per questo dà tutta la vita. Il testimone è colui che per testimoniare questa vita, per vivere questa grazia, si mette dentro con tutto se stesso, con tutta la vita. Il testimone non dà qualche cosa: dà tutto! Il testimone non è tale in qualche momento: o lo è sempre o non lo è mai! Il testimone non distingue tra vita privata e vita pubblica - laddove si dice che in pubblico uno deve espletare certe regole di correttezza ma poi nella vita privata ognuno fa ciò che crede! Il testimone non distingue tra vita privata e vita pubblica, perché vive questa verità e vive di questa grazia sempre, in privato e in pubblico, perché è la sua vita: è l’unico senso che sa dare alla sua vita, perché è trasparenza; non conosce una doppia vita il testimone, non conosce una seconda vita! Il testimone è colui che, allora, nel dare tutta la vita per questo arriva anche al martirio, come Giovanni; infatti martirio vuol dire “testimonianza” – è la stessa parola – e Giovanni, infatti, viene decapitato. Questa testimonianza può anche arrivare – oggi avviene in casi molto frequenti perché il martirio di sangue è ampiamente diffuso, soprattutto in alcuni paesi del mondo – però la testimonianza porta in sé il fatto che tutta la vita è dentro di essa. Per questo il testimone non accetta di relegare la fede nell’ambito del privato, mentre nell’ambito del pubblico, del rapporto con gli altri, si adegua agli usi e costumi di questo mondo, di tutti. Questo fa sì che il Cristianesimo, oggi, diventa spesso così irrilevante perché nel privato uno vive la fede, frequenta i sacramenti, però nello spazio pubblico semplicemente fa quello che fanno gli altri, al modo in cui lo fanno gli altri. Non c’è nessun segno che dice che questo è un credente. Non che necessariamente debba imporsi agli altri, che detti le sue regole – posto che lo possa fare – ma semplicemente perché offre la sua personale testimonianza di una verità, di una grazia che ha incontrato e che vive nel privato e nel pubblico, di valori che vive nel privato e nel pubblico, di un determinato modo di intendere le relazioni con le persone che vive nel privato e nel pubblico, coerentemente, tutta la vita! Oggi il cristianesimo patisce molto di questo! Non si vedono segni, ma non di un cristianesimo trionfalista o che imponga la propria morale nello spazio pubblico. No! Semplicemente della presenza di testimoni nello spazio pubblico: credenti testimoni! Ecco la testimonianza di Giovanni Battista che coinvolge tutta la vita, inevitabilmente, la unifica! Oggi la debolezza che sentiamo forte è quando siamo frammentati, non siamo unificati, quando la vita nei diversi contesti in cui ci troviamo a vivere ci fa sentire frammentati: messaggi diversi, stili di vita diversi, morali diverse, cultura diversa. Ci sentiamo frammentati, spezzettati. La testimonianza ci unifica, ci rende più forti, crea una personalità, unifica! La testimonianza crea una personalità che ha una sua coerenza interna, una personalità più consistente, più salda, più coesa, più integrata, non spezzettata, non frammentata: quella di uomini tutti d’un pezzo! Il testimone è un uomo tutto d’un pezzo, ma non invadente, ingombrante ma attraente, armonico, affascinante! La riflessione dell’Evangelista Giovanni sul testimone è una riflessione profonda. Chiediamo oggi la grazia che il Signore ci mandi sempre testimoni: sono queste luci che si accendono, questa luce che loro fanno passare e di cui tutti godiamo Il Signore ci faccia la grazia di poter essere anche noi, nel nostro piccolo, umilmente, testimoni nel mondo di questa luce e di questa grazia.
Don Marco Casale
Chiesa di S. Maria Maddalena – Bizzozero
Trascrizione non rivista dall’autore
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