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Foto Raffaele Coppola: L'interno della chiesa di Santa Maria Maddalena

Approfondimento del Vangelo di domenica 30 ottobre a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione proposto ogni venerdì sera alle ore 21.00, presso la chiesa di S. Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 28 ottobre 2016:

  

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI
I dopo la Dedicazione del Duomo di Milano
Mt 22, 1 – 14


1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni;9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Le letture di questa domenica ci parlano della chiamata universale alla salvezza. Tutti gli uomini, nessuno escluso, sono chiamati da Dio alla salvezza, perché Lui è creatore e Padre di tutti e, quindi, in quanto Padre, non può dimenticarsi di nessuno dei suoi figli e quindi chiama ciascuno, senza esclusioni, alla salvezza, cioè ad essere suoi figli e a vivere da figli, nell’amore per lui, per Dio Padre e per i fratelli: Vivere da figli di Dio in un rapporto di fraternità con tutti gli uomini, che sono tutti figli di Dio, chiamati ad esserlo!
Ma questa parabola ci mostra, come punto di arrivo, questo invitato che si presenta al banchetto ma non ha l’abito nuziale. E’ un po’ il punto di arrivo di tutta la teologia di Matteo, del volto di Dio che l’Evangelista Matteo ci presenta e che, in particolare nelle tre parabole del capitolo 22, è presentato: la parabola dei due figli – il primo che dice al padre di no e poi ci andò ed il secondo, che dice di se ma poi non ci va – poi la seconda parabola, quella dei vignaioli omicidi - di questo re che manda i suoi servi, ma i vignaioli li uccisero e che manda, poi, anche suo figlio, pensando che di lui almeno avrebbero avuto rispetto, ed invece uccidono anche lui, e poi questa terza parabola degli invitati alle nozze. Vedete che c’è una continuità: la chiamata di Dio e la risposta dell’uomo, il rifiuto dell’uomo. Il tema è sempre lo stesso.
Il punto di arrivo, dunque, di tutta queste tre parabole e del volto di Dio che emerge da queste tre parabole è questo: Molti sono chiamati e pochi gli eletti! Molti vuol dire “tutti”, potremmo tradurre “la moltitudine” e non che molti sono i chiamati mentre altri, pochi, non sono chiamati, ma nel senso che tutti sono chiamati; d’altra parte questo concetto lo troviamo, espresso con chiarezza, in altri brani del Vangelo. Pensate solo all’ultima cena: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue versato per voi e per tutti…” nessuno escluso!
Molti sono chiamati – tutti sono chiamati – ma pochi gli eletti! E poi c’è questo invitato senza l’abito nuziale: cosa vuol dire? Che quando si risponde alla chiamata di Dio sui arriva con l’abito delle nozze! Che cosa sono queste nozze? In tutta la Scrittura le nozze sono il simbolo dell’amore di Dio per l’umanità, e quindi il simbolo delle nozze rappresenta questa alleanza, fondata sull’amore, fra Dio e l’uomo. E’ un incontro d’amore che trova, nel simbolo delle nozze, uno dei simboli più espressivi. Allora arrivare senza l’abito delle nozze – sappiamo che l’abito, la veste dice quello che è la persona, esprime la persona, le sue scelte, la sua vita, il suo agire, il suo operare – vuol dire rispondere alla chiamata di Dio ma solo in un modo “formale” cioè senza vivere da figlio di Dio. Non avere l’abito vuol dire non aver capito come vive un figlio di Dio e rifiutarlo, rifiutare di vivere la vita da figlio di Dio.
A questo riguardo vale sempre il fatto che Dio compie il suo disegno di salvezza dell’umanità, che la condanna di anche uno solo dei suoi figli è in contraddizione con l’opera di Dio, che è sempre un’opera di salvezza. Quindi Dio è Colui che salva e l’uomo è colui che “si” condanna, rifiutando la salvezza che Dio gli offre! Dio non condanna, perché Dio non può creare la sua creatura, amarla e poi distruggerla, condannarla, perché sarebbe in contraddizione con se stesso, e Lui questo non lo fa, mentre l’uomo, rifiutando l’amore di Dio, si chiama fuori dall’amore e quindi si condanna a vivere senza amore! Questo è importante perché, altrimenti, una diversa interpretazione di questa parabola ci mostrerebbe il volto di un Dio “anticristiano”, contrario al Dio di cui Gesù ci ha parlato!
In queste diverse chiamate, descritte nel brano di oggi, noi vediamo la prima, in cui i servi, cioè i profeti che Dio manda per chiamare il suo popolo ed invitarlo al banchetto di nozze, invitano alle nozze il popolo di Israele, il popolo dell’elezione, lo invitano ad accogliere quest’alleanza, questo amore che Lui ha da offrire, ma gli invitati dicono di no! Vi è poi la seconda chiamata, in cui tutti sono invitati: questo è il momento in cui, con Gesù, la chiamata diventa più chiaramente una “chiamata universale” anche se in tutto l’antico Testamento vi sono diversi accenni ad una chiamata di tutte le genti, di tutti i popoli, da Abramo in poi, e non solo. Però, anche in questo caso, vi è il rifiuto. Ma in questa seconda chiamata diventa più chiaro che la chiamata è per tutti, buoni e cattivi; quindi il Vangelo di Gesù rompe lo schema: “I buoni vanno in paradiso ed i cattivi vanno all’inferno!” D’altra parte l’esperienza dovrebbe avercelo insegnato! L’esperienza, infatti, ci dice che chi è buono non è che stia meglio degli altri e che non viva solo di benefici e di ricompense; e il cattivo – l’esperienza ce lo dovrebbe aver insegnato – non è che subisca le punizioni o, magari, muore prima degli altri – qualcuno questo lo desidererebbe – non è così! Gesù ci mostra che lo schema: Buono = ricompensa = paradiso e cattivo = castigo = inferno è uno schema che non funziona! Non funziona in questo mondo e non funziona nell’altro mondo! Buoni e cattivi convivono: la Chiesa, in questo mondo, cioè la comunità dei discepoli di Gesù, dei chiamati, non è fatta di angeli, ma di buoni e cattivi, come tutte le realtà di questo mondo! Allora la Chiesa di Gesù è il luogo dove i buoni ed i cattivi imparano, sperimentando la misericordia di Dio e riconoscendo l’impossibilità di salvarsi da soli, ad indossare l’abito nuziale! Imparano, cioè, a vivere secondo quella dignità da figli di Dio che gli è stata donata; imparano che nella vita non possono vivere senza il peccato ma possono vivere nella misericordia di Dio, che è sempre più grande del loro peccato; imparano che i fratelli non sono migliori di noi e che noi non siamo migliori di loro e che insieme, con umiltà, camminiamo verso la casa del Padre! I fratelli, i chiamati, i discepoli nella Chiesa, nella comunità dei discepoli convivono, buoni e cattivi e convive, in ciascuno di noi, il bene ed il male, la bontà con il peccato, nessuno escluso, dal Papa fino all’ultimo fedele!
Ma noi possiamo anche allargare oltre lo sguardo e sperimentare la gioia di scoprire che Dio precede l’opera di annuncio del Vangelo, la precede, e come Padre ha già ora, in virtù della Pasqua del suo Figlio Gesù, della sua passione, morte e resurrezione, che ci ha donato il perdono dei peccati e la vita eterna, ha già raggiunto ogni uomo, in ogni popolo ed in ogni religione - come ci dice il Concilio Vaticano II, una lezione che forse sta entrando nella consapevolezza dei credenti ma forse ancora molto c’è da fare – ha già offerto a tutti la salvezza, cioè la possibilità di vivere nella dignità di Figli di Dio, nell’amore per Dio e per tutti gli uomini!
Allora l’annuncio è sempre preceduto dalla grazia di Cristo che ha già raggiunto ogni uomo che nasce in questo mondo. Quindi l’annuncio vuol dire poter insegnare ad ogni uomo a riconoscere in se stesso la dignità che ha ricevuto, l’essere figlio, “figlio di Dio e fratello di ogni uomo”. Queste espressioni: “Il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”; oppure più avanti:” Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” – queste espressioni non possono essere intese, se abbiamo compreso bene il vero significato della parabola, nel senso che Dio punisce chi rifiuta, nel senso che Dio uccide il malvagio, che Dio ripaga l’omicida con la sua uccisione; non possono essere intese nel senso che Dio condanna alla dannazione eterna qualcuno dei suoi figli, anche se una lettura di questa parabola, che non tenga conto di tutte le cose che abbiamo detto, può portare esattamente a ricavare da essa il contrario di quello che Matteo qui voleva dirci. Se vi rimangono ancora dubbi a riguardo, utilizzate quel criterio che sempre va utilizzato: mai estrapolare una singola parola o un singolo versetto, ricavandone un messaggio che, estrapolato dal contesto, è fuorviante. Quindi collocate sempre questa parabola nel contesto di tutto il testo del Vangelo e soprattutto in quello che Gesù non solo ha detto ma anche ha fatto. Pensate, quindi, a quello che Gesù ha fatto nei confronti dei peccatori; domandatevi quanti peccatori Gesù ha ucciso e quanti, invece, ne ha perdonati; domandatevi cosa ha fatto Gesù con il ladrone sulla croce, con la Maddalena, con Zaccheo e con tutti gli altri! E domandatevi qual è l’unica, possibile lettura di questa Parola! Per questo noi dobbiamo riuscire ad annunciare un Dio che non è un’immagine brutta di un uomo, e che quindi come un uomo agisce, come un uomo pensa e come un uomo opera, perché avremmo esattamente fatto quell’operazione di presentare un Dio “anticristiano”. Un cattivo annuncio è sempre motivo, anche, di un possibile rifiuto della fede e di questo noi dobbiamo sentirne la responsabilità! Noi annunciamo un Dio che è misericordioso, che sa solo ed esclusivamente, sempre amare tutti, e non sa fare null’altro che amare, salvare, guarire, dare vita, perdonare: non sa fare null’altro che questo e mai far del male, dare la morte, far soffrire, per nessuno, per nessuna ragione, tanto meno con i cattivi! Allora, così, voi capite che questo messaggio è un messaggio di salvezza per tutti a condizione che noi non ci mettiamo dalla parte dei buoni e tutti gli altri dalla parte dei cattivi, perché in questo caso questo messaggio è un invito alla conversione. Questo messaggio fanno fatica ad accoglierlo soprattutto quelli che si sentono buoni e che sono dispiaciuti che Dio non fermi la mano del cattivo, mentre se noi ci mettiamo dalla parte dei peccatori, che hanno bisogno della misericordia di Dio per salvarsi, allora questo Vangelo diventa un Vangelo che ci riempie di gioia e di consolazione, perché è “detto” per noi.
La chiamata universale alla salvezza ci invita a superare le barriere che gli uomini creano tra popoli, religioni, razze, lingue e a guardare ogni uomo in quanto uomo!
La risposta, il rifiuto dell’uomo: ecco, questo rimane il grande mistero, insieme al mistero dell’amore di Dio. Mistero, lo sappiamo, non vuol dire “cosa misteriosa, incomprensibile” ma vuol dire che non è mai conosciuta abbastanza; mistero vuol dire che possiamo sempre approfondire e comprendere meglio quella cosa, sempre. Il grande mistero del rifiuto dell’uomo! Come è possibile che la creatura rifiuti il creatore?! Com’è possibile decidere di vivere la propria vita rifiutando l’amore?! Come è possibile?! Questo è il grande mistero di fronte al quale anche Dio si ferma e rispetta: il mistero della libertà dell’uomo, perché se Dio violasse questo mistero della libertà dell’uomo non lo avrebbe salvato ma lo avrebbe annientato, cancellato, perché se Dio privasse l’uomo della sua libertà non ci sarebbe più l’uomo. Che cos’è, infatti, l’uomo senza la sua libertà? Dio non lo fa! E’ il grande mistero del Creatore di fronte alla sua creatura che lo rinnega, un grande mistero d’amore: questo rispetto del Creatore che, così come ci ha fatto esistere allo stesso modo potrebbe far sì che noi non esistiamo più! Eppure ci rispetta, rispetta la nostra libertà, forse anche più di quanto noi stessi facciamo, ma lo fa per amore. Rispetta, ma non si arrende! A volte, quando noi diciamo che rispettiamo qualcuno, la sua libertà, il rispetto per noi, confina con il disinteresse. “Lo rispetto, quindi non posso dire niente, non posso fare niente!” Questo è il nostro senso del rispetto. Invece Dio no: Dio dice tutto quello che può dire e fa tutto quello che può fare! Il rispetto di Dio non è mai indifferenza nei riguardi della creatura! Dio non si rassegna mai alla creatura che lo rinnega! Non dice mai: Ah, beh, se non vuole…! Perché l’amore non dice mai così, non dice mai: Beh, se non vuole, è una sua scelta! Questo non è amore! L’amore dice: Io rispetterò fino alla fine la libertà di colui che amo, ma non mi rassegnerò a provarle tutte affinché lui non si perda e non perda l’amore; darò tutto me stesso, la mia vita, perché lui possa scegliere la vita e non si perda! E’ un rispetto che è tutto il contrario dell’indifferenza: è un pieno coinvolgimento, è un dare tutta la sua vita, tutto se stesso, perché la creatura possa comprendere e possa scegliere l’amore. Allora noi comprendiamo che il modo di rispettare di Dio non è proprio il nostro modo di rispettare, perché è pieno di amore e di coinvolgimento personale, fino in fondo, dando tutto se stesso: Non si rassegna mai Dio, perché Dio ama!
Allora il Vangelo di oggi con la sua parabola, come tutte le parabole, è come una porta aperta sul cuore di Dio. Soffermiamoci un po’ qui, sul dono della parabola che ci svela pienamente chi è Dio e nello stesso tempo ci svela chi siamo noi; ci svela il suo amore di Padre e la nostra risposta di figli, il nostro essere fratelli chiamati a costruire una fraternità universale, che non escluda a priori nessuno! Questo è il grande progetto di Dio per la salvezza degli uomini. Proviamo a domandarci in che modo anche noi siamo parte di questo progetto d’amore!

Don Marco Casale

Chiesa di S. Maria Maddalena – Varese

Trascrizione non rivista dall’autore

 

  

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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