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Foto Raffaele Coppola: L'interno della chiesa di Santa Maria Maddalena

Approfondimento del Vangelo domenicale a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione proposto ogni venerdì sera alle ore 21.00, presso la chiesa di S. Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 14 ottobre 2016:

  

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI
Dedicazione del Duomo di Milano​
​​Lc 6, 43 - 48

43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
46Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? 47Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: 48è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene».

Questa domenica, la terza di Ottobre, è per noi la festa della Dedicazione del Duomo di Milano ed è un invito a meditare sul mistero della Chiesa, su questo edificio spirituale che Gesù ha voluto e che Gesù continuamente edifica e nel quale abita, che è la comunione dei suoi discepoli, popolo di Dio da Lui radunato e salvato.
La Chiesa, “l’ecclesia”, questa convocazione, questa assemblea convocata è, anzitutto, evidentemente, come ci ha ben ricordato il Concilio Vaticano II, fatta non dalle mura, che oggi ci sono e domani non ci sono più, ma fatta dalle persone. Questo vale anche, non solo per il Duomo di Milano, cioè per quella che noi chiamiamo “chiesa” pensando all’edificio - invece dovremmo pensare alla comunità – ma vale anche per le nostre case. Quando noi diciamo casa, intendiamo che siamo a casa quando siamo dentro quelle determinate mura? No! Siamo a casa quando siamo con le persone che amiamo. Questa è casa! Siamo Chiesa, quindi, non quando siamo dentro quelle mura, ma siamo Chiesa quando siamo con le persone con le quali siamo uniti dallo stresso amore per il Signore Gesù, e quindi ci sentiamo a casa, nella Chiesa.
Il Vangelo di oggi come, in che modo ci aiuta ad approfondire il mistero della Chiesa? La Chiesa, abbiamo visto nelle ultime domeniche, è il luogo dove si accoglie la Parola di misericordia di Dio nella storia e si impara a viverla, perché tra la Parola ascoltata e la parola praticata, nella vita di noi uomini, c’è una distanza! Per Dio non è così! Infatti, fin dall’inizio, nel libro della Genesi, noi ascoltiamo che Dio “disse” e subito “fu” – Dio disse: sia la luce! E la luce fu! Tutta la creazione è opera di Dio, la Parola di Dio fa ciò che dice! In Dio, tra il dire e il fare c’è coincidenza! Non è così per noi uomini! Allora per questo il Signore ci invita, oggi, a fare ciò che diciamo, ciò che ascoltiamo, a “fare” la parola ascoltata, a “farla”, cioè a metterla in pratica, perché il Signore sa che nella vita di noi uomini questo non è un automatismo.
La prima immagine che Gesù ci regala è quella dell’albero, immagine che ci richiama alcuni alberi famosi nella Bibbia: L’albero della vita del libro della Genesi, l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. Era un albero della vita ma, per il fatto che l’uomo non ha ascoltato la parola del Signore, che era per lui una parola di vita, ma ha ascoltato un’altra parola, che era una parola di morte, l’albero della vita diventa, per lui, per volontà dell’uomo, che ascolta un’altra parola, sorgente non di vita ma di morte. Fin dall’inizio l’uomo si trova a dover scegliere quale parola vuole ascoltare: l’uomo diventa ciò che ascolta! Non sono i maestri che fanno i discepoli ma sono i discepoli che scelgono i maestri! Sono i discepoli che sono fatti dal maestro che hanno scelto! Il maestro diventa decisivo per la vita del discepolo che lo ha scelto come maestro, perché altrimenti quel maestro lì, se io non l’ho scelto come maestro, non lascerà nulla alla mia vita! Io sono in misura di quella parola che voglio ascoltare! Fin dall’inizio, dunque, l’uomo è chiamato a mettersi in ascolto della parola del Signore che è la sua vita, a non lasciare entrare altre parole che gli danno morte! Ecco perché il Signore ci ha salvato attraverso un altro albero – l’albero della Croce – un albero che era fatto per dare la morte e che, invece, per opera di Dio, dà la vita, mentre il primo albero, che era fatto per dare la vita, dà la morte a causa del peccato dell’uomo. La prima domanda, allora, è: Io, che albero sono? L’albero è in misura delle sue radici; la radice dell’uomo è il suo cuore. Allora l’immagine ci dice che l’uomo è in misura del suo cuore, ma tu non vedi il cuore dell’uomo, così come non vedi le radici dell’albero, però ne vedi i frutti, le opere: le opere dell’uomo manifestano quello che c’è nel cuore dell’uomo!
“Non si raccolgono fichi dagli spini” – la scelta di Luca è molto precisa – Infatti il fico è l’albero che dà frutti buoni; il fico è un frutto buono, dolce, gustoso, pieno di sapore: è il simbolo della sapienza e delle sue opere buone. Ricordate quando Gesù scende da Gerusalemme e vede un albero di fichi, nel quale cerca i frutti, ma questo albero non ha nessun fico e allora il Signore pronuncia su esso una maledizione: “Tu possa non dare mai più frutto!” e i Discepoli rimangono impressionati da questa parola di Gesù, che è una parola profetica che “dice” che il Signore si attende che l’albero produca buoni frutti, buone opere, che la misericordia del Signore sa attendere, ma questo non ci sottrae dal dare quei frutti che le radici preannunciano, che la parola ascoltata preannuncia! Se tu hai lasciato entrare in te questa parola e la lasci lavorare, nel tempo – perché per noi uomini la distanza tra parola ascoltata e parola praticata c’è e rimane – questa distanza la puoi sempre più colmare e fare della tua vita una vita che, sempre di più, fruttifica a partire dalla parola che hai ascoltato, che hai lasciato entrare dentro di te, che hai “scelto” di ascoltare e di cui hai nutrito il tuo cuore. Allora, quando Gesù si attende questi frutti, non ci sta solo richiamando ad una buona volontà: sta facendo qualcosa di più. Dice, infatti: Ma questa parola seminata, che tu hai accolto in te, che hai ascoltato, perché non produce ancora frutto? Quali sono gli ostacoli da rimuovere? E’ una parola di vita quella che dice Gesù, non una parola di giudizio! Se tu hai lasciato entrare in te questa parola, essa deve portare frutto, perché non può essere diversamente, perché esce ciò che è entrato: non può uscire qualcosa di diverso da ciò che tu hai fatto entrare! E se tu hai fatto entrare la Parola di Dio, escono le opere di Dio, che sono opere d’amore e, se non escono, domandati il perché e rimuovi gli ostacoli! Ne va della tua vita! Per questo Gesù si accalora tanto, perché questo portare frutto è la vita dell’uomo, e Lui vuole la vita dell’uomo! Queste parole di Gesù di Luca sono molto precise. Il fico non nasce dalle spine; le spine sono quelle della parabola del seminatore, sono quelle che soffocano la Parola. E’ un richiamo proprio a quella parabola! Quella parola che è stata seminata in te, che è una parola buona, forse non ha prodotto quei frutti sperati perché le spine l’hanno soffocata, gli affanni della vita l’hanno soffocata, non ha più spazio per crescere, per dare frutto. Luca, poi, ci offre anche queste altre parole: “Non si vendemmia uva da un rovo”. L’uva è il frutto della terra promessa, il frutto da cui si ricava il vino della nuova alleanza, il sangue di Gesù dato per noi. Ma non lo si vendemmia dal rovo! Ricordate il famoso “roveto ardente” che Luca cita più volte? E’ il roveto di Mosè, e Mosè richiama la legge; come dire: il sangue versato per amore è molto più della legge! La legge non salva: Custodisce, ma non salva! Solo un amore donato, fino al sangue, salva! L’osservanza della legge, da sola, non salva! Allora ecco perché “l’uomo buono dal tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo, dal suo cattivo tesoro, trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.” Il tesoro è quella parola che tu decidi di ascoltare e di trattenere. Il tesoro è quella parola che tu trattieni! Ecco perché il problema non è quello che vediamo, che ascoltiamo. Il discepolo di Gesù vede tutto e ascolta tutto, perché tutto è puro per colui che è puro! Il problema è quello che trattieni. Dice un aneddoto: Due frati andavano per una strada di campagna. Incontrarono una bella donna che stava sul ciglio di una grande pozzanghera ed indugiava nell’attraversarla. Allora il primo frate, vedendola in difficoltà, si domandò se poteva aiutarla, ma rispose di no, che non era conveniente che un frate prendesse in braccio una bella donna. Il secondo frate, invece, alla richiesta di questa donna, la prese in braccio e la portò al di là della pozza ed i due proseguirono il cammino. Il primo frate, fatta un po’ di strada, non si trattenne più e disse al fratello: Quanto è stato sconveniente che tu abbia preso in braccio quella donna! Non conviene ad un frate fare di queste cose! Allora il secondo frate disse al primo: Vedi, però, quella donna io l’ho lasciata là! Tu, invece, te la sei portata fino a qua!
Vedete: non conta ciò che ascolti, ciò che vedi, ma conta ciò che trattieni dentro di te! Quindi tu devi fare la tua scelta e capire qual è il tuo tesoro! Qual è quella cosa – tra quelle che hai visto e ascoltato – che trattieni dentro di te e che fai diventare il tuo tesoro! Se quello che trattieni è buono le tue opere saranno buone; se quello che trattieni è cattivo le tue opere saranno cattive! E tu ti accorgi che è il tuo tesoro che ti porta! Quando tu hai accumulato del bene, delle parole buone, saranno loro a portarti, a spingerti, a consigliarti, ad incoraggiarti, a darti la forza! Ma quando tu hai trattenuto delle parole cattive saranno loro il tuo inciampo! E anche quando tu avrai propositi buoni ti accorgerai che quelle parole cattive, che tu hai trattenuto, ti saranno di inciampo! Il cuore lo si custodisce non dall’oggi al domani ma lo si custodisce nel tempo, nelle parole che tu lasci sedimentare dentro di te, che lasci andare in profondità e che diventano il tuo tesoro!
“Perché mi invocate: Signore, Signore e non fate quello che dico?” come dire: Mi chiamate Signore, ma il Signore è il Signore, è uno che si ascolta e a cui si ubbidisce; uno da cui si impara! Voi, invece, mi chiamate Signore e poi non fate ciò che dico. Allora c’è un’ipocrisia! Mi chiamate Signore ma non mi trattate da Signore perché non fate secondo le parole che io vi dico.
Ecco che, a questo punto, Gesù ci indica un percorso: “Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica. ”Si comincia dai piedi: dove ti portano i tuoi piedi? Alle porte di chi? Nella casa di chi portano i tuoi piedi? Da quali maestri portano i tuoi piedi? “Ascolta le mie parole.” Si comincia dalle orecchie, ma anche dalla vista – il Vangelo a volte sottolinea l’udito e a volte la vista – che sono le porte di ingresso nel cuore. Da ciò che vedi e da ciò che ascolti il mondo entra dentro di te, attraverso le parole e attraverso lo sguardo! “Le mette in pratica.” Mettere in pratica la Parola di Dio, a volte, diciamo che è difficile. Ebbene: Sbagliamo! Si, perché metterla in pratica è impossibile! E’ la Parola che tu hai ascoltato che produrrà in te i frutti! Perché se dipendesse soltanto da te sarebbe impossibile! Mettere in pratica la Parola del Vangelo è impossibile! E’ la Parola del Vangelo che opera in te se tu l’hai ascoltata, se tu sei andato a cercarla, se ti sei alzato dal tuo divano e sei andato a cercarla. E’ bellissima l’immagine che Papa Francesco ci ha lasciato nella giornata mondiale della gioventù, quando ci ha parlato dei giovani che cercano la “divano-felicità” – bellissima nella sua drammaticità: il divano come simbolo di quella felicità che sul divano si realizza, che è fatta, non tanto di quel legittimo momento di riposo che una giornata di lavoro merita, ma che è fatta della ricerca solo del non avere fastidi, del farsi i fatti propri, del non farsi carico dei problemi dell’altro, del vivere una vita nel proprio egoismo, senza prospettive, senza desideri, senza slanci, senza osare, per la paura di sbagliare. La divano-felicità: che tristezza! La Parola di Dio ti fa alzare dal tuo divano, ti fa mettere in cammino, ti fa andare a cercare! Allora sarà questa parola che tu hai cercato, che tu hai trovato, che tu hai ascoltato, che tu hai trattenuto, che tu hai eletto a “tesoro del tuo cuore”: E’ lei che ti darà la forza, quella forza che viene dallo Spirito; è lei che ti darà il coraggio nei tuoi slanci di amore; è lei che ti darà l’intuizione della strada di Dio: E’ lei che opererà in te se tu l’hai amata! Allora così la vita è appoggiata su solida roccia e avrai edificato una casa! Sarai come quell’uomo che ha costruito una solida casa, scavando molto in profondità, in se stesso, nel suo cuore. E’ la Parola che ha scavato: ha fatto solide fondamenta, radici profonde! Matteo, poi, sviluppa questo concetto nell’immagine della casa che resiste, rispetto alle altre che cadono, perché era fondata sulla roccia.
Qual è, allora, la solidità della Chiesa, di questa comunità dei credenti, se non il fatto che noi, quando ascoltiamo questa parola, non pensiamo agli altri ma a noi stessi! Questa è la solidità della Chiesa: persone dalle solide fondamenta, che hanno ascoltato con attenzione quella parola di Gesù: “Prima di togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello togli la trave dal tuo!” Non domandarti cosa deve fare il fratello per essere più buono?! Non domandarti, a riguardo della cattiveria che c’è nel cuore del fratello?! Domandati a riguardo della tua condotta, del tuo albero, riguardo ai frutti del tuo albero, non dell’albero del tuo fratello, perché il cuore buono, che ascolta le parole buone, sarà sensibile alla voce del bene che c’è nel mondo, anche quella più flebile, anche quella più sottile, anche a quella più impercettibile. Ma quando nel cuore dell’uomo si è lasciato entrare, senza difese, la parola cattiva, allora il tuo orecchio ed il tuo occhio ascolterà e vedrà il male dappertutto e si convincerà che questo è il mondo, perché è fatto come lui, e non sarà più in grado di ascoltare la voce del mondo. Allora domandati riguardo a quell’albero che sei tu, a quelle radici, a quei frutti del tuo albero. In questo modo tu edifichi la Chiesa di Gesù!
Don Marco Casale

Chiesa di S. Maria Maddalena – Varese

Trascrizione non rivista dall’autore

 

  

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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